La speranza

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giovedì 4 agosto 2016

Mutazioni Criminali: Occidente tra la caccia agli animaletti virtuali (Pokémon) e la violenza vera.

Verso modelli post-capitalistici

Alla ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo
per una società più giusta ed equa!
Contro la miseria e la schiavitù del modello imperante!

Le grandi Mutazioni Criminali:

Dalla GLOBALIZZAZIONE ECONOMICA ALLA GLOBALIZZAZIONE del CRIMINE e del TERRORE

Occidente tra la caccia agli animaletti virtuali (Pokémon) e la violenza vera.

Il “catechismo criminale” (precedente post) non poteva che partorire la globalizzazione criminale.
Da un po’ di tempo mi chiedo come sarebbe la versione aggiornata del saggio “La banalità del male” di Hannah Arendt scritto nel 1963; credo proprio che Eichemann non si sia fermato a Gerusalemme ma sia andato ben più lontano, oltre il limite, oltre il punto di non ritorno!

Abbiamo superato il punto di non ritorno? Il punto in cui ad un male corrisponde un altro male, un’altra violenza e crimine senza soluzione di continuità in una spirale senza fine, non più “semplicemente” e “limitatamente” riferito ad una “batteria di Lager”, gestita dagli ingegneri del terzo Reich, ma ad un sistema che opera su scala globale?

Il punto di non ritorno lo avevamo già raggiunto con la produzione e l’utilizzo delle bombe atomiche, ora che abbiamo continuato imperterriti nel solco dell’insostenibilità e sotto il giogo della dittatura della crescita infinita, secondo i dogmi del pensiero unico neoliberista, siamo giunti ad un nuovo paradigma che è quello che mi suggerisce Eduardo Galeano nell’intervista “L’ordine Criminale del Mondo”:

 << (…)  Ma chi è questo killer seriale che uccide tutto ciò che tocca? 
Bisognerebbe metterlo in prigione, mi viene da pensare, ma succede che non si può mettere in prigione questo killer seriale, perché lui ha le chiavi di tutte le prigioni, e perché è un sistema, un sistema universale di potere che ha trasformato il mondo in un manicomio e in un macello. (…) E ci sono molte altre paure …
La paura di vivere, la paura di essere, la paura di cambiare, la paura dei demoni che inventano per spaventarci. (…) Queste folle che vagano cercando quella peregrinazione inutile. Questo esodo tragico di gente che aspira ad essere trattata come si tratta il denaro. Per il denaro non esistono frontiere, non c’è nessun problema, e per gli immigrati, i migranti, per l’esodo degli abbandonati, per le braccia che cercano lavoro e destino, ci sono muri, tremendi muri. 
Affinché i privilegiati possano continuare ad essere la minoranza che comanda e il resto si rassegni ad essere la maggioranza che ubbidisce. (…)
Oggi come oggi, quando i ministri dell’economia sono quelli che veramente governano i nostri paesi, ma quei ministri dell’economia sono a loro volta governati dal governo che li governa, che è quello dei grandi organismi finanziari internazionali, o presumibilmente internazionali, o imperiali, per dirlo con parole più chiare. 
Oggi come oggi regna questa sorta di ideologia dell’impotenza nata dalla paura. Non si può! 
Ed io penso che quella paura del cambiamento è una paura molto, molto dannosa e che è una delle paure più potenti, più importanti in questa sorta di Macchina Mondiale del Crimine., perché è una paura che uccide la speranza, cioè agisce contro la volontà democratica del cambiamento.>> ( Fonte: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=391
consultato il 3 agosto 2016).

Stiamo vivendo sotto il regime di “un ordine criminale del mondo”?

Forse sì, e perché no? e forse è proprio vero che si è superato il punto di non ritorno.

E non è semplicemente questione di essere più o meno ottimisti o pessimisti, è questione di realismo, considerato anche il livello qualitativo delle élite che abbiamo oggi in circolazione: Putin, Clinton, Trump, Farage, Holland, Le Pen, Cameron, Mekel, Renzi, ErDogan, May, Li, ecc. ecc.

Viviamo in una enorme macchina (o labirinto postmoderno) congegnata, sia nell’hardware che nel software per produrre criminalità e violenza sistemiche su scala globale.

E’ una società liquida come dice giustamente Zygmunt Bauman, ma il problema è che il liquido che ci impregna non è acqua pura, bensì un fluido molto viscoso ed avvelenato da una molteplicità di fonti (cause priamarie). E non lo diciamo semplicemente e banalmente alla luce delle stragi che si sono verificate nel nostro cortile di casa: Parigi, Bruxelles e Nizza; questi sono eventi tragici, drammatici che ci lasciano senza parole, ci gettano nel panico, nella paura e ci lasciano in profonda frustrazione e depressione.

Queste stragi sono la forma più esteriore e plateale di “un male che viene da lontano”. Infatti il crimine sistemico (Criminomics & Rapism) ha fatto, in questi ultimi cinquant’anni, un notevole salto dimensionale sia in termini qualitativi che qualitativi: il male non è più diretta emanazione dello stato totalitario e dittatoriale dei tempi del nazismo e del fascismo e il male non si limita agli spazi ben circoscritti dei lager.
Un nuovo fascismo transnazionale e globalizzato è ormai la forma che ha assunto la struttura di governo del “villaggio globale” dell’interdipendenza finanziaria ed economica e nuovi lager e ghetti “liquidi” si estendono in largo ed in lungo ben oltre le frontiere, i muri e le trincee tradizionali di quello che fu il “mondo solido”.

Per poter meglio chiarire il significato dell’”ordine criminale del mondo” mi rifaccio a quanto dichiarato da Alain Badieu e trascritto in un suo recente saggio  “Il nostro male viene da più lontano”[1].

Nel saggio troviamo elementi che rappresentano la chiave di interpretazione del momento storico che stiamo vivendo.

Il breve saggio è suddiviso in quattro parti:

·         la prima parte presenta la “struttura oggettiva del mondo contemporaneo, il quadro generale di ciò che si è verificato qui (N.d.R. Parigi), ma che si verifica altrove quasi tutti i giorni” (NdR: Siria, Iraq, Libia, Congo, Somalia, Afghanistan ecc. ecc.);

·         la seconda parte esamina gli “effetti cruciali di questa struttura del mondo contemporaneo sulle popolazioni, sulle loro diversità, sul loro intrecciarsi e sulle loro soggettività”;

·         la terza parte tratta delle ”soggettività singolari, caratteristiche dell’epoca” che questo mondo ha creato;

·         l’ultima parte tratta delle “figure contemporanee del fascismo”.

Per quanto concerne la struttura oggettiva del mondo contemporaneo” Badieu dice:

<< Da trent’anni assistiamo al trionfo del capitalismo globalizzato. Un trionfo che è innanzitutto, in modo particolarmente visibile, il ritorno di una sorta di energia primitiva del capitalismo a cui è stato attribuito il nome discutibile di neoliberismo, e che in effetti è la riapparizione e la ritrovata efficacia di quella che da sempre è l’ideologia costitutiva del capitalismo, vale a dire il liberismo. (…) Il capitalismo attuale si è insediato in maniera esplicita su scala planetaria. Ciò significa che questo capitalismo globalizzato è non solo un capitalismo che ha ritrovato la sua energia dissolvente, ma che l’ha anche profusa in modo tale che oggi il capitalismo, inteso come struttura globale, costituisca un dominio praticamente incontrastato per l’intero pianeta.>>
Questo trionfo ha determinato “l’indebolimento degli Stati” o “deperimento degli Stati” e contemporaneamente la realizzazione di “nuove pratiche imperiali dell’espansione mondiale del capitalismo che tollerano e, in alcune circostanze, incoraggiano persino lo smembramento, per non dire l’annientamento, degli stati” (NdR annientamento dell’Iraq, Libia, Afghanistan ecc.).

In merito agli “effetti sulle popolazioni” Badieu dice:

<<Il primo effetto eclatante (…) è un iniquo sviluppo senza precedenti. Le diseguaglianze sono così mostruose che, considerando l’indebolimento degli Stati, non si sa più come mantenere il controllo dei loro effetti sulla vita delle popolazioni. (…). Ad un certo grado di disuguaglianza, parlare di democrazia o di norma democratica non ha più senso. Ricordo le cifre:

  • -          l’1 per cento della popolazione mondiale possiede il 46 per cento delle risorse disponibili.
  • -          Il 10 per cento della popolazione mondiale possiede l’86 per cento delle risorse disponibili;
  • -          Il 50 per cento della popolazione mondiale non possiede nulla (NdR quelle che definiamo “non persone”).

-           
(…) Nel mondo attuale ci sono poco più di due miliardi di persone delle quali si può dire che contano zero. Non si può neanche dire che fanno parte, come è evidente, della massa del 50 per cento di poveri. E’ peggio: vengono considerate pari a zero dal capitale, il che significa che, riguardo allo sviluppo strutturale del mondo, non sono nulla, per cui, verosimilmente non dovrebbero esistere. Sarebbe meglio. Ma intanto esistono. Cosa vuol dire che contano zero? Vuol dire che non sono né consumatori, né forza lavoro. Perché per il capitale ci sono soltanto due maniere di esistere, se non si appartiene all’oligarchia.>> (…) << Si può anche notare che la geografia di tutto questo, la ripartizione sul territorio di quelle forze disponibili che contano zero, è chiaramente legata alla zonizzazione. Nelle aree in cui vige una situazione anarchica, in cui lo Stato è assente, in cui circolano bande armate, ci si rassegna senza troppa pena al fatto che le popolazioni locali siano, nel senso stretto del termine, senza alcuna difesa istituita, che marciscano nei campi “umanitari”. Perché preoccuparsi esageratamente della loro esistenza, dal momento che queste popolazioni non sono né consumatrici, né forza lavoro? Continuino pure a vagare tra le bande armate e i predatori capitalisti di ogni sorta, e a vivere come possono. (…) la religione è sempre stata un pretesto, una copertura retorica, manipolabile e manipolata dalle bande fasciste. (…) Le religioni, come del resto ben altre ideologie, comprese, ahimè, quelle rivoluzionarie, hanno sempre potuto combinarsi con le pratiche mafiose. La stessa mafia italiana, quella dei padrini, ostentava, e ostenta ancora, un austero cattolicesimo.>>

Per quanto concerne le “figure contemporanee del fascismo”, Badieu continua:

<<In linea generale, penso che si possa definire “fascismo” la soggettività popolare che è generata e provocata dal capitalismo, o per la presenza di una crisi sistemica grave – come accadde negli anni Trenta (NdR. E anche quella dal 2008 in poi) – o, più profondamente, per effetto dei limiti strutturali del capitalismo evidenziati dalla sua globalizzazione. Globalizzazione che, ricordiamolo, è al contempo un’espansione e la rivelazione della propria incapacità di valorizzare l’insieme della forza lavoro disponibile. (…) Fascistizzandosi, chi è deluso dal desiderio di Occidente diventa nemico dell’Occidente, perché in concreto il suo desiderio di Occidente non viene soddisfatto. Questo fascismo innesca una pulsione aggressiva, nichilista e distruttiva. (…) Loro, queste persone, vengono demonizzate, quando invece è stato il capitalismo francese a creare la loro povertà. Perché? Perché è stato lui a distruggere il sistema industriale francese. Perché tante persone del Terzo mondo sono venute da noi? Perché siamo andati a prenderle noi stessi! Non dimentichiamo che, tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, si andava in Marocco a prelevare degli operai necessari per le catene di produzione delle fabbriche: queste persone hanno fatto venire le proprie famiglie, c’è stata una seconda generazione, dei giovani il cui naturale destino era diventare operai, operai qualificati, tecnici… Ma è stato distrutto il sistema produttivo, le fabbriche sono praticamente scomparse. Tutto è stato progressivamente trasferito altrove. Questi giovani non hanno dunque nessun futuro. Ma tutto questo è fondato su un inganno, su un deprecabile imbroglio. Li abbiamo importati senza garanzia e ora vorremmo esportarli… ma non è così, non è affatto così che si maneggia il “materiale umano”…>>

Siamo dunque giunti a ciò che aveva previsto Samuel Huntington: “allo scontro di Civiltà”? Allo scontro e guerra globale? No! Non si può parlare più di civiltà bensì di mera e sporca barbarie.  E’ lo scontro tra le varie espressioni di terrorismo che ormai sgorga da tutti i punti cardinali: da nord, da sud, da est e da ovest.
Terrorismo che assume mille volti e mille facce e che sarebbe veramente riduttivo e fuorviante limitarlo a certi archetipi che ci propinano i vari media.

Terrorismo che è frutto di quelle enormi fratture sociali che negli ultimi cinquant’anni sono diventate baratri.  

La barbarie terroristica viene da molto più lontano...

Se non lavoriamo ed interveniamo in modo deciso e duraturo sulle cause primarie che hanno portato a questo avvelenamento della società liquido-globale, rischiamo di precipitare in un altro periodo molto buio in cui si assegna alla militarizzazione del mondo e alla nuove forme di fascistizzazione la soluzione “finale”.

Rischiamo di trovarci a continuare a generare mostri per poi volerli combattere e distruggere, ma abbiamo già avuto modo di sperimentare che questi non sono più i mostri virtuali di qualche giochetto informatico.

Dobbiamo a questo proposito capire le cause profonde degli esodi, delle esclusioni e delle espulsioni (fonti primarie di avvelenamento) e in che misura questo capitalismo globale criminale può essere fermato. Dobbiamo recuperare i fondamentali che non possono essere chattati o twittati per avere una risposta “ti piace” o “non mi piace più”. Dobbiamo rifondare le istituzioni pubbliche anche su scala internazionale perché quelle che sono in circolazione oggi non fanno altro che riprodurre gli antichi mali e peggiorare le cose. Dobbiamo ricreare le èlite politiche che non siano solo più centri oligarchici di privilegio.

Dobbiamo lavorare duro!

Non possiamo più permetterci di farci continuamente a contaminare dalle forme del capitalismo tecno-nichilista, inseguendo qui e là qualche animaletto virtuale (Pokémon).

Dobbiamo ricominciare a capire che quando è troppo è troppo!

4 agosto 2016
Antonello B.









[1] Testo della trascrizione del seminario straordinario tenuto da Badieu il 23 novembre 2015 - a seguito delle stragi di Parigi del 13 novembre dello stesso anno - al teatro comunale di Aubervilliers: Il nostro male viene da più lontano” con sottotitolo “Pensare i massacri del 13 novembre” - Einaudi (2016)

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