Verso modelli post-capitalistici
Alla
ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo
per una
società più giusta ed equa!
Contro
la miseria e la schiavitù del modello imperante!
CATECHISMO CRIMINALE ovvero “the RAPE CATECHISM”
Perché siamo entrati in un’epoca
entropica della violenza, del crimine?
Perché il “va sempre peggio” sta
diventando la condizione di regresso postmoderno?
Perché si è spezzata la linea del “progresso
continuo” e la direzione del mondo sembra non avere futuro se non in forme
apocalittiche?
A questi interrogativi hanno già risposto in molti: filosofi, sociologi, politici, economisti e scienziati di
ogni genere.
Molti hanno denunciato già in tempi
non sospetti l’insostenibilità delle condizioni e delle leggi su cui si fonda
tutto il sistema capitalistico, pubblico o privato, di accumulazione,
produzione e di sfruttamento generalizzato delle risorse del pianeta.
La denuncia marxista si riferiva ad
un tempo in cui lo sfruttamento era su scala molto più limitata rispetto a
quella attuale che vede i nuovi giganti transnazionali muoversi in largo ed in
lungo sulla scala globale dell’ipersfruttamento.
Si sa che lo sfruttamento genera
prima o poi violenza, la violenza genera ingiustizie. Oggi la proliferazione di
ingiustizie non riesce però a trovare quello sfogo e forze necessarie per
correggere la rotta, per ripristinare o generare condizioni di vita sostenibili
ed eque.
Occupy
Wall Street e le Primavere Arabe si
sono trasformate in un inverno di revanche religiose medioevali e in nuove
forme dittatoriali di controllo in nome della sicurezza e dell’emergenza
terroristica o di altra natura.
Non siamo alle soglie di una nuova rivoluzione
francese anche se la numerosità e gravità delle ingiustizie potrebbero
giustificarne migliaia di rivoluzioni francesi.
Siamo ormai entrati a pieno titolo
nell’era del caos o, come sostengo io, nell’era dello stupro sistemico su scala
globale.
La globalizzazione, a cui le élite
affidavano il nuovo ciclo e la nuova fase di espansione e benessere, è stata “topo-down”,
è stata prodotta dall’alto e imposta all’insegna del dogmatismo neoliberista e
della religione del profitto, del mercato e del “tutto e subito”.
I dogmi della religione neoliberista
stanno producendo perniciosi e mefistofelici effetti in ogni angolo del
pianeta.
Il “pensiero unico”, ovvero il
catechismo neoliberista, può essere considerato una delle più potenti forze di
trasformazione geopolitica, economica, ecologica di questi ultimi 50 anni.
Il paradigma circolare dell’Occidente
e della violenza, il capitalismo dei
disastri infatti non nasce dal nulla, non si esprime attraverso qualche
formula marziana o di qualche altro pianeta del sistema solare, si genera e si
riproduce infatti, secondo le modalità metamorfiche che hanno consentito alle religioni di attraversare i secoli
della storia dell’Occidente e dell’Oriente, del nord e del sud con la preghiera rivolta a qualche dio e a
qualche profeta mentre il braccio, con in pugno l’arma, sempre pronto a
sacrificare qualche nemico in nome di qualche salvezza dogmatica.
E il T.I.N.A – acronimo del “There in No Alternative” (trad. “non ci
sono alternative”) e il “Too Big to Fail” (troppo grande per fallire) conferma che
la condizione economica, politica e sociale (di quel poco di società che ancora rimane) è
completamente blindata, chiusa in un labirinto senza uscite e che siamo di
fronte ad una vera e propria religione, a veri e propri dogmi e catechismi che
originano capitalismo transnazionale nella
sua forma geneticamente modificata dai paradigmi del neoliberismo postmoderno.
Il catechismo neoliberista appare e
ci viene propinato come l’unico sistema che ci possa garantire il benessere, il
progresso secondo l’accezione che ne danno i suoi sacerdoti (in primis molti economisti
di varie provenienze). I suoi dogmi si esprimono in mille modi: in forma di
raccomandazioni, di piani di investimento, di ristrutturazione del debito, di
aiuti a quel paese o a quel continente in nome della democrazia e dello
sviluppo, di accordi commerciali bi e multilaterali, di trattati, di scelte di
investimento, si sistemi di remunerazione dei capi (siano essi ceo o azionisti
di riferimento), di scelte tecnologiche e scientifiche che vanno dal nucleare
al drone.
E così siamo giunti ad una nuova
forma di Oligarchia Finanziario-Capitalistica
su scala globale che vede il dominio crescente dell’1% sul restante 99% della
popolazione mondiale.
Ecco in sintesi cosa dice l’Oxfam
nell’ultimo rapporto “un’economia al servizio dell’1%”:
<<AN ECONOMY FOR
THE 1%. How privilege and power in the economy
drive extreme inequality and how this can be stopped. The global inequality
crisis is reaching new extremes. The richest 1% now have more wealth than the
rest of the world combined. Power and privilege is being used to skew the
economic system to increase the gap between the richest and the rest. A global
network of tax havens further enables the richest individuals to hide $7.6 trillion.
The fight against poverty will not be won until the inequality crisis is
tackled..>>
Questo 1%
rappresenta press’a poco quello che costituiva la classe
nobiliare al tempo della rivoluzione francese. E’ evidente, però, che in questi
due secoli le cose sono cambiate profondamente. Infatti le dimensioni
quantitative della popolazione (7 miliardi oggi e 12 miliardi tra un po’ se
continuiamo a questi ritmi) aggiunte a quelle della forza tecnologica e scientifica,
concentrata nelle mani delle nuove élite, sono in grado di modificare l’assetto
dell’intero sistema mondo e non più semplicemente le condizioni di vita del
popolo parigino: sono forse in grado di decretare il suicidio dell’era
antropologica.
Il catechismo neoliberista, come lo
chiamo io, corrisponde a quello che viene definito il PENSIERO UNICO.
Ignacio Ramonet, nel suo illuminante saggio del 1997 (tempi non
sospetti per noi piccoli mortali) dal titolo Géopolitique du Caos (la
geopolitica del caos), chiariva molto bene quali fossero i principi del
pensiero unico[1]:
I) l’economia batte la
politica;
II) il mercato come
fattore di equilibrio/riequilibro e di disciplina del mondo e della società, in
particolare il mercato finanziario i cui “segnali orientano e determinano il
movimento generale dell’economia”;
III) la concorrenza e la competitività
che “stimolano e rendono dinamiche le imprese portandole a una permanente e
benefica modernizzazione;
IV) il libero scambio senza
limiti, “fattore di sviluppo ininterrotto del commercio e quindi della
società”;
V) la mondializzazione, “tanto
della produzione manifatturiera quanto dei flussi finanziari;
VI) la divisione
internazionale del lavoro che “modera le rivendicazioni sindacali e abbassa
i costi salariali”;
VII) la moneta forte, “fattore
di stabilità”;
VIII) la deregolamentazione;
IX) la privatizzazione;
X) la liberalizzazione.
Ramonet sempre in quel saggio di 20 anni fa denunciava:
<< La ripetizione costante di questo catechismo, da parte di
tutti i mezzi di comunicazione e di quasi tutti gli uomini politici, sia di
destra che di sinistra, conferisce al pensiero unico una tale forza di intimidazione
da soffocare ogni tentativo di riflessione libera e rendere molto difficile la
resistenza contro questo nuovo oscurantismo. (…) Si potrebbe quasi arrivare a considerare che i
20 milioni di disoccupati europei, il disastro urbano, la precarietà generale,
le periferie infuocate, il saccheggio ecologico, il ritorno del razzismo e la
marea degli esclusi siano dei semplici miraggi, delle allucinazioni colpevoli,
fortemente stonati in questo mondo che è il migliore, edificato dal pensiero
unico per le nostre coscienza anestetizzate.>>
Sempre Ramonet aggiunge: <<I
disoccupati, i senzatetto, i precari, gli esclusi sono l’espressione drammatica
dei sacrifici reclamati, senza contropartita, dalla società europea negli
ultimi due decenni. Sono la traduzione ne sociale di scelte puramente
ideologiche, fondate sul rigore nel bilancio, sulla moneta forte, sulla
riduzione del deficit pubblico, sulle delocalizzazioni, sulla competitività, sulla
produttività, ecc. (…) Milioni di cittadini si trovano di fronte allo scandalo
delle società prospere che, in nome dell’economismo, accettano l’esistenza di
sacche di miseria ogni giorno più impotenti. >>
E ancora nella postfazione al saggio: << La dinamica dominante, in questo fine secolo, è la mondializzazione
dell’economia. Essa si fonda sull'ideologia del “pensiero unico”, il quale ha
decretato che un’unica politica economica è ormai possibile e che solo i
criteri del mercato e del neoliberismo (competitività, produttività, libero
scambio, redditività, ecc.) permettono ad una società di sopravvivere in un
mondo che è diventato una giungla concorrenziale. (…) La mercificazione
generalizzata di parole e cose, di anime e corpi, della natura e della cultura,
che è la principale caratteristica della nostra epoca, mette la violenza al
centro del nuovo dispositivo ideologico.>>
Dal 1997 ad oggi le cose sono andate peggiorando progressivamente;
chissà cosa scriverebbe oggi Ramonet alla luce degli eventi geopolitici che
hanno segnato questi ultimi vent'anni e che sono di una gravità assoluta.
Oggi gli effetti dei dogmi del catechismo neoliberista sparsi in
ogni angolo del labirinto mondo sono chiari. Oggi ci è chiaro come questi dogmi
siano stati veri e propri principi ispiratori del crimine e dello stupro;
principi mascherati o nascosti sotto il martellamento delle enunciazioni del P.I.L.ismo
e del crescismo.
Ma qualcuno sta pensando che l’egemonia
Neolib sia alla fine, che quest’epoca possa essere sostituita da un
qualcosa di profondamente diverso, forse alternativo.
Vedremo!
Per il momento
questo è quello che passa il Convento.
12/06/2016
Antonello B.
[1]
La geopolitica del Caos – Verso una civiltà del caos? – Ignacio Ramonet – Asterios
(Trtieste 2016)
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