La speranza

La speranza

venerdì 18 dicembre 2015

Dalla società del rischio alla società del crimine liquido – Paura e guerre sante.

Verso modelli post-capitalistici

Alla ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo
per una società più giusta ed equa!
Contro la miseria e la schiavitù del modello imperante!

le grandi metamorfosi: Rapeism ovvero la nuova dimensione globalizzante

Dalla società del rischio alla società del crimine liquido – Paura e guerre sante.


Nel 1996 Samuel P. Huntington scriveva nel suo saggio “The Clash of Civilization and the remaking of world order”:
<<Come si spiega una simile rinascita religiosa a livello mondiale? Ovviamente, esistono fattori specifici operanti in singoli paesi e civiltà. Sarebbe ingenuo, tuttavia, pensare che tante svariate cause abbiano prodotto sviluppi uguali e simultanei in buona parte del mondo. Un fenomeno di dimensioni generali esige una spiegazione generale. Per quanto gli eventi succedutisi in particolari paesi possano essere stati influenzati da fattori specifici, non c’è dubbio che debbano esserci state delle motivazioni d’ordine generale. Quali? La causa più ovvia, saliente e importante è esattamente la stessa che si pensava spiegasse la morte della religione: i processi di modernizzazione sociale, economica e culturale divampati nel mondo nella seconda metà del XX secolo. Sistemi che avevano offerto ai cittadini identità e autorità sono crollati. Masse di uomini e donne si spostano dalle campagne alle città, recidono le loro proprie radici e si tuffano in un nuovo lavoro, oppure restano disoccupati. Interagiscono con una moltitudine di stranieri e stabiliscono nuovi tipi di rapporti sociali. Necessitano di nuove fonti di identificazione, nuove e stabili forme di comunanza, nuovi corpi di regole morali che diano un senso e uno scopo alla loro vita. La religione, sia quella tradizionale che quella fondamentalista, risponde a tutte queste necessità.>>[1]

Sul Financial Times del 17 novembre 2015 Gideon Rachman scrive:

<<Ever since the late Samuel Huntington predicted that international politics would be dominated by a “clash of civilization”, his theory, first outlined in 1993, has found some of its keenest adherents among militant Islamists. The terrorists who inflicted mass murder on Paris are part of a movement that sees Islam and the west as locked in inevitable mortal combat. Leading western politicians, by contrast, have almost always rejected Huntington’s analysis. Even former US President George W. Bush said: “There is no clash of civilization”. And life in multicultural western nations, most of which have large Muslim minorities, offers a daily refutation of the idea that different faiths and cultures cannot live and work together. In the aftermath of the Paris attacks, that core idea needs to be reaffirmed.>>

Siamo allo scontro di civiltà e di barbarie? Possono convivere occidentali e non occidentali visti i trascorsi storici? 

Di queste religioni e neo terrorismi non avevamo comunque proprio bisogno!

Ma così è se vi pare…

Questo 2015 non è stato l’anno dell’Expo universale di Milano, no! E’ stato l’anno di Parigi.

Era infatti un mercoledì di gennaio – il 7 per precisione - in cui due uomini entrano nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo nel centro di Parigi e a colpi di Kalashnikov fanno una strage invocando Allah.

E siamo al 13 novembre scorso quando una serie di attentati terroristici lascia sul campo – nei pub, cinema e discoteche parigine - 129 morti e 352 feriti.


Qualcuno ha parlato di 11 settembre dell’Europa.

E così anche l’Europa – o meglio i singoli stati europei, dato che anche in questo caso, come in tutti quelli in cui le sfide sono forti e i problemi profondi, prevale la dimensione nazionalistica - si scopre in “guerra”.

E’ proprio Monsieur Hollande che lunedì 16 novembre a Camere riunite <<Ha chiesto che l’Unione europea lo affianchi nella “guerra”, che renderà visita a Barak Obama e Vladmir Putin per costruire una coalizione in grado di annientare l’autoproclamato califfato di Abu Bakr al Baghdadi.>>[2]

Noto che il lessico della politica dei nostri giorni torna ad avere qualche assonanza con quello di ca.100 anni fa.

Certo allora la guerra era riferita al mondo solido, oggi per dirla con Bauman il mondo è liquido e quindi anche la guerra e la violenza sono diventate liquide, cioè non più riferibili ad una frontiera, ad un territorio ben delimitato, con un soldato con tanto di uniforme ben riconoscibile e individuabile nella trincea nemica. Oggi il nemico può essere in ogni dove e sorprenderti mentre sorseggi un caffè o danzi in qualche discoteca, o voli su qualche aereo o viaggi su qualche metro o sei in ufficio a scrivere qualche articolo.

Tutto può succedere, tutto può essere fonte di paura e non solo nei confronti dell’uomo nero del nuovo Califfato.

E’ ormai di tutta evidenza come in tre o quattro lustri il lessico del mondo occidentale - o almeno di quella parte di esso che ha sempre rappresentato il pensiero dominante delle classi egemoniche e plutocratiche - sia profondamente cambiato.

Dal lessico che rifletteva l’ottimismo connesso alle nuove opportunità della globalizzazione, di Eurolandia, del liberismo economico del villaggio globale e della vittoria del bene su male (il bene, il modello americano e il male, il modello sovietico), si è passati ad un lessico che riflette i rischi, le paure, le crisi e le patologie del sistema mondo.
Infatti i termini più usati (ed abusati) di questi ultimi due decenni sono:
crisi, terrorismo, default, guerra, attentati, barconi, migranti, paura, barbari, muri, violenza, nemico, rivale, caos, disordine, corruzione, truffa e via di questo passo.

In effetti forse né gli Americani né gli Europei avrebbero mai immaginato che un loro parente, un loro figlio o un loro amico, andando al cinema o al bar o al lavoro potesse essere massacrato e sterminato in un giorno qualunque.

Il sociologo e teorico della società del rischio Ulrich Beck – recentemente scomparso - scriveva nel lontano 1986:

<<Detto in termini sistematici, prima o poi, nel continuum del processo di modernizzazione, le situazioni e i conflitti sociali di una società “distributrice di ricchezza” iniziano ad intersecarsi con quelli di una società “distributrice di rischi”. (…) Non viviamo ancora in una società del rischio, ma non viviamo più soltanto nel quadro dei conflitti distributivi della società della penuria. Via via che questa transizione si compie, si afferma nei fatti una trasformazione sociale che ci porta al di fuori delle consuete categorie del pensare e dell’agire. (…) È vero: i pericoli aumentano, ma non sono tradotti politicamente in una politica preventiva di gestione dei rischi. Anzi: non è affatto chiaro che tipo di politica e di istituzioni politiche possano essere in grado di fare ciò. Senza dubbio si crea una comunanza, invisibile come i rischi, ma rimane più un desiderio che una realtà. (…) La spinta di fondo della società classista può essere riassunta in una frase: ho fame! La dinamica messa in movimento con la società del rischio si esprime invece con la frase: ho paura! Al posto della comunanza indotta dalla penuria subentra la comunanza indotta dalla paura. In questo senso le caratteristiche tipiche della società del rischio mettono in risalto i tratti di un’epoca sociale in cui la solidarietà della paura nasce e diventa una forza della politica. É però ancora del tutto da chiarire che effetti abbia la forza di coesione della paura[3].

“Nel continuum del processo di modernizzazione”… altro che processo di modernizzazione! Questo può definirsi processo di demolizione e distruzione. D’altronde cosa potevamo aspettarci dal sistema contradditorio e caotico del mondo post-moderno iper-capitalista se non uno scenario in cui si passa da un’emergenza all’altra senza soluzione di continuità. Ad inizio del nuovo millennio eravamo in emergenza terrorismo (effetto 11 settembre 2001), poi siamo passati ad emergenza crisi finanziaria ed economica, poi ancora all’emergenza euro e Europa, poi all’emergenza migrazioni e siamo ritornati al punto di partenza: adesso siamo a combattere il Califfato, l’integralismo terrorista della Jihad e alla “guerra santa”.

Credo che il prof. Beck abbia colto con molto anticipo, rispetto a noi comuni mortali, l’essenza dei cambiamenti (metamorfosi) epocali, riferiti principalmente alle società industrializzate e moderne, che stiamo vivendo.

In questi ultimi anni i rischi potenziali si sono trasformati in danni certi, in violenza e crimine: mi riferisco ai rischi dell’inquinamento ambientale, a quelli connessi alle politiche economiche del crescismo (o del Pil-ismo), al finanz-capitalismo dispensatore di titoli tossici a destra e a manca, alla corsa continua agli armamenti pubblici e privati, alla divaricazione spaziale delle disuguaglianze (ecc).

È ancora attuale la frase “Ho fame!, la fame uccide ancora nel mondo e non solo in quello “in via di sviluppo”, ma anche in quello sviluppato, però in questo 2015 ha preso il sopravvento la seconda frase ricordata da Beck “Ho paura!”. E le fonti della paura si stanno moltiplicando a dismisura in questo labirinto post moderno.

Mi chiedo ancora: chi sta divorando il mondo? Il mondo – questo labirinto postmoderno - in pasto a chi va? In pasto al mercato, in pasto ai sacerdoti del capitale e del dio denaro? In pasto ai vecchi e nuovi fondamentalismi?

Vecchi e nuovi fondamentalismi sempre pronti ad innescare processi di distruzione creatrice, ma quale creazione giustifica quale distruzione e quale risultato giustifica quale violenza?

Ci sono violenze derivanti dai crimini comuni e ci sono violenze e crimini che sono il frutto dell’adozione e dell’applicazione di modelli e sistemi economici, politici e religiosi.

Quanti sono stati gli stermini e le varie forme di violenza che hanno caratterizzato la storia dell’homo sapiens? Potremo rispondere che sono state infinite. Perché? Perché Homo, homini lupus? Perché Adamo ed Eva sono stati scacciati dal paradiso terrestre?
Non so, ma una verità è certa: troppa violenza ha caratterizzato la storia dell’uomo su questo misero pianeta. Se un tempo la potenza della violenza era strettamente collegata alla forza muscolare, da alcuni secoli la violenza si avvale delle forme più avanzate che la scienza e la tecnologia mettono a disposizione.

Leggo nell’articolo “Evoluzione generale del bene” pubblicato sul Sole 24 ore di domenica 18 ottobre a firma di Matt Ridley: <<Il bene è qualcosa che viene lasciato evolvere, il male è qualcosa che si fa: questo è stato il tema dominante della storia. (…) E’ facile prevedere che il 21mo secolo sarà dominato pressoché totalmente dagli shock di cattive notizie, ma vedrà un progresso pressoché invisibile delle buone cose. Cambiamenti incrementali, inesorabili ed inevitabili ci daranno quei miglioramenti materiali e spirituali che renderanno la vita dei nostri nipoti più ricca, più sana, più felice, più intelligente, più pulita, più gentile, più libera, più pacifica e più uguali - quasi esclusivamente come sotto prodotto fortuito dell’evoluzione culturale. Ma le persone che hanno grandi piani continueranno a causare dolore e sofferenza. Smettiamola di dare tanto credito ai “creazionisti sociali”, mentre incoraggiamo e celebriamo l’evoluzione di tutte le cose.>>

E di “creazionisti sociali” del dolore e sofferenza in giro ce ne sono sempre tanti, troppi! Ma basteranno i cambiamenti incrementali, oppure sarà necessario una rivoluzione profonda dei modelli politici, sociali ed economici?

Mi chiedo ancora:
·        non sarà mica che i modelli economici, politici e religiosi di questi nostri tempi siano ridiventati ancora una volta modelli della criminalità e dello stupro sistemico?
·         non sarà mica che anche questa volta qualcuno voglia farla franca con la scusa della distruzione creatrice?

Forse è venuto il tempo in cui i modelli di modernizzazione e di occidentalizzazione devono cessare di produrre su larga scala mostri e rischi rispetto ai quali poi ci troviamo costretti continuamente a fare i conti.

Vedremo!
Ancora una volta saranno i fatti a darci le risposte sperando che almeno questa volta i fatti non vengano manipolati dalle forze dominanti.

18 dicembre 2015.

Antonello B.





[1] Lo scontro di civiltà e il nuovo ordine mondiale- Samuel P. Huntington – Garzanti – 1997.
[2] L’Espresso – n.47 26-11-2015 pag. 21.
[3] “ La società del rischio – verso una seconda modernità- Ulrich Beck – Carocci Editore – 2000 il grassetto è mio).

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