La speranza

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domenica 19 luglio 2015

L’Europa strozzata tra “Exit” ed “Exodus”: dalla “distruzione creatrice” alla “creazione distruttiva” dell’economia che uccide.

Verso modelli post-capitalistici

Alla ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo
per una società più giusta ed equa!
Contro la miseria e la schiavitù del modello imperante!

1      Diagnostica - I fondamentali:  Le grandi patologie e metamorfosi


L’Europa strozzata tra “Exit” ed “Exodus”: dalla “distruzione creatrice” alla “creazione distruttiva” dell’economia che uccide.


Flash e abbagli dal labirinto post-moderno:


Exodus & Grexit

Copertina dell’Espresso del 4 giugno 2015




Macete & Droni




 


Sono abbastanza eloquenti ed espressive le immagini che, di questi tempi, illuminano e abbagliano il nostro labirinto postmoderno ipercapitalistico.

Sono immagini di violenza degli esodi tragici dei migranti che si mischiano a quelle degli exit di espulsione di paesi che si sentono anch’essi violentati, strozzati e gabbati da sistemi economici dettati dai diktat dei modelli delle nuove èlite tecnocratiche e plutocratiche.

Sono anche immagini di strumenti in grado, con forme e mezzi diversi, di seminare violenza e morte: sono armi antiche, utilizzate in certi casi come antidoto ai controllori dei biglietti sui treni, ma anche armi nuove che danno lustro alle potenze neo-imperialiste supertecnologiche.

Il 17 maggio scorso chiudevamo il nostro post sottolineando come violenza e criminalità sistemiche (la criminomics) siano fenomeni che sprigionano la loro forza grazie allo sviluppo repentino e caotico della globalizzazione e della moltiplicazione della ricchezza in mano a élite plutocratiche ed autoreferenziali.

La criminalità sistemica si nutre ed ingrassa con i feticismi e miti dell’ideologia neoliberista che considera il mercato come mezzo supremo di regolamentazione, di efficientamento dei sistemi economici, politici e l’accumulazione capitalistica della ricchezza, come principale scopo della vita umana su questo pianeta.

Il tempo presente vede il moltiplicarsi di vecchie e nuove forme di privazione, povertà, miseria e morte.

La privazione di chi perde il lavoro o di chi un lavoro non ce l’ha mai avuto, la miseria di chi deve fuggire o viene costretto ad esodare da terre inospitali e viene imbarcato verso terre che dovrebbero essere ospitali, ma che da tempo non lo sono più o forse non lo sono mai state per gli estranei e la morte per chi, di fronte alle nuove sfide, non riesce a sopravvivere.
L’Europa poteva essere una meta ospitale? L’Europa come sogno.

Così scriveva Jeremy Rifkin nel suo saggio “Il sogno Europeo” che non è di un secolo fa bensì del 2004:

<< L’Europa è diventata la nuova “città sulla collina”: il mondo sta guardando a questo grande nuovo esperimento di governo transnazionale, sperando che offra quell’indicazione così necessaria riguardo alla direzione che l’umanità globalizzata deve prendere. Il Sogno europeo, con l’accento che pone sull’inclusività, la diversità, la qualità della vita, la sostenibilità, il “gioco profondo”, i diritti umani universali, i diritti della natura e la pace, è sempre più affascinante per una generazione ansiosa di essere connessa globalmente, nello stesso tempo, radicata localmente.

Per quanto sia troppo presto per dire quanto successo avranno alla fine gli “Stati Uniti” d’Europa, credo si possa affermare con certezza che, in un’era in cui lo spazio e il tempo si stanno rapidamente annullando e le identità diventano sempre più stratificate e globali, nessuna nazione, entro venticinque anni, sarà in grado di fare da sola: gli Stati europei sono stati i primi a capirlo ed ad agire di conseguenza, confrontandosi con la realtà di un mondo interdipendente in via di globalizzazione. Gli altri li seguiranno.>>[1]

Purtroppo il sogno si è trasformato in un incubo!

Quella che era la previsione, e anche l’augurio, di Rifkin per un modello europeo che potesse soppiantare quello del “sogno americano”, si è rivelata mera illusione. O forse l’economista americano non aveva ben compreso la natura del modello neoliberista di cui era impregnato il trattato di Maastricht. 
Il sogno si è trasformato in una macchina potente alimentata da un modello parossistico e paranoico di saldi contabili, di parametri da rispettare, di debiti (colpe) da restituire (espiare), di riforme da realizzare che stanno via via lastricando la strada che non sappiamo dove ci condurrà.

Un tempo si diceva che la “strada per l’inferno è lastricata di buone intenzione”: oggi mi chiedo se le buone intenzioni sono rappresentate dalle Riforme! Riforme! e ancora Riforme dettate dal modello neoliberista ipercapitalista. 
E se il combinato disposto delle riforme e dell’austerity fosse una miscela perversa di cattive intenzioni? Allora la destinazione per l’inferno diventerebbe proprio una certezza.

Dell’inferno si stanno già udendo le “parole”, gli “urli” e vivendo le “crisi”.

le Parole che scaldano l’aria:

·         “La fine dell’Europa come terra promessa”
·         “Default”
·         “Avanti con le Riforme”
·         “Debito insostenibile”
·         “Niente giustizia”
·         “Niente solidarietà”
·         “Fine dell’euro”
·         “Tragedia Greca e tragedia Europea”
·         “Banche chiuse e ritorno alla dracma”
·         “Ayatollah dell’austerity”
·         “Rigore, rigore!”

  
…gli Urli che incendiano…

<<Se fallisce l’euro fallisce l’europa>>
<<Evitiamo il contagio>>

A questi urli Tsipras risponde con un referendum:

“Per la sovranità e la dignità della Grecia” [2]:
Siamo di fronte alla responsabilità storica di non lasciare che le lotte e i sacrifici del popolo greco siano stati vani, alla responsabilità di rafforzare la democrazia e la nostra sovranità nazionale. E questa responsabilità pesa su di noi.
È la nostra responsabilità per il futuro del nostro Paese.
Questa responsabilità ci obbliga a rispondere all’ultimatum basandoci sulla volontà sovrana del popolo greco.
Questa sera, il Governo è stato convocato e ho proposto un referendum, in modo che il popolo greco possa decidere.
La mia proposta è stata accettata all’unanimità.
Domani il Parlamento terrà una riunione straordinaria per ratificare la proposta del Governo per un referendum che si terrà domenica prossima, il 5 luglio. La domanda sulla scheda elettorale sarà se la proposta delle istituzioni dovrebbe essere accettata o rifiutata.
Ho già informato il presidente francese, la cancelliera tedesca e il presidente della Bce della mia decisione, mentre domani chiederò una breve proroga del programma – per iscritto – ai leader dell’Ue e alle istituzioni, in modo che il popolo greco possa decidere senza pressioni e ricatti, come previsto dalla Costituzione del nostro Paese e della tradizione democratica dell’Europa.
Cittadini greci,
Vi invito a decidere, con la sovranità e dignità che vuole la storia greca, se dovremo accettare l’esorbitante ultimatum che chiede una rigorosa e umiliante austerità senza fine, e senza la prospettiva di poterci reggere in piedi, socialmente e finanziariamente.
Dobbiamo rispondere all’autoritarismo e alla dura austerità con la democrazia, con la calma e con decisione.
La Grecia, la culla della democrazia, deve inviare un clamoroso messaggio democratico alla comunità europea e mondiale.
Io mi impegno personalmente a rispettare l’esito della vostra scelta democratica, qualunque essa sia.
Sono assolutamente fiducioso che la vostra scelta onorerà la storia del nostro Paese e invierà un messaggio di dignità in tutto il mondo.
In questi tempi difficili, tutti noi dobbiamo ricordare che l’Europa è la casa comune di tutti i suoi popoli.
Che in Europa non ci sono proprietari e ospiti.
La Grecia è, e rimarrà, parte integrante dell’Europa, e l’Europa parte integrante della Grecia.
Ma un’Europa senza democrazia sarà un’Europa senza identità e senza una bussola.
Chiedo a tutti voi di agire con unità nazionale e compostezza, e di prendere una decisione degna.
Per noi, per le generazioni future, per la storia greca.
Per la sovranità e la dignità del nostro Paese.>>

Ma cosa può fare un referendum per cambiare la sorte di un paese così indebitato?




Ma la democrazia di un paese in ginocchio cosa può fare di fronte alla forza dei creditori?
La risposta è stata chiara: Niente! Nichts!

E’ proprio azzeccato quello che ci dice Zizek:

<<Un leader o un partito, eletto nell’entusiasmo generale, comincia con il promettere un “mondo nuovo”, ma presto o tardi deve confrontarsi con il seguente, essenziale, dilemma: osare mettere mano ai meccanismi capitalistici o semplicemente “stare al gioco”? Se si arreca disturbo al capitale si è prontamente “puniti” dalle reazioni del mercato, dal caos economico e da tutto quel che ne segue>>[3]

E così è stato per la Grecia, ma anche per l’Italia, e per tutti quei paesi deboli e indebitati fino alle midolla.

Mi vengono in mente a questo punto due aforismi di Churchill:
·         “La democrazia funziona quando a decidere sono in due e uno è malato”;
·     “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”.

Il primo aforisma è proprio azzeccato: la Germania ha deciso, fino ad oggi, la sorte della Grecia, dato che la Grecia è “malata” e lo è  assieme a tutti gli altri membri che ormai si allineano ai diktat teutonici. Con ciò non voglio assolutamente dire che i governi greci degli ultimi trent’anni non abbiano una fortissima responsabilità nell’aver determinato la tragedia di questo paese che si è illuso di poter stare al “passo dei tedeschi”.

Il secondo aforisma deve essere necessariamente aggiornato in quanto oggi possiamo affermare che la democrazia - o almeno quelle espressioni o istituzioni formali della democrazia che ci facevano illudere che il popolo avesse qualche potere – è morta, è kaput! Altre forme di governo si stanno sperimentando nel nostro labirinto europeo, nella nostra Eurolandia!

E così siamo arrivati al terzo intervento in cinque anni per salvare la Grecia.E’ proprio valido il detto “chi va al due va al tre” e dopo? Dopo vedremo! Per il momento “abbiamo fermato il contagio!”

Adesso la Grecia deve fare i compiti a casa per poter beneficiare di “prestiti” per 86 miliardi (dopo interventi di salvataggio di 110 mld nel 2010 e 130 mld nel 2012), altrimenti …

Ma quali sono i termini dell’accordo?

In estrema sintesi sono (vedi il testo “Eurosummit 12 luglio 2015 SN4070/15http://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2015/07/12-euro-summit-statement-greece/):

Riforme richieste per le misure sull'Iva; nuove misure anticipate per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico; la piena indipendenza dell'Elstat, vale a dire l'Ufficio greco di Statistica; il pieno rispetto del Fiscal Compact; la nascita di un consiglio di bilancio indipendente. Inoltre l'adozione di un codice di procedura civile e l'adozione delle nuove regole europee sulla gestione delle crisi bancarie.
Mandato alle tre istituzioni - la Banca centrale europea, il Fondo monetario internazionale e la Commissione europea - di negoziare il vero e proprio memorandum. I creditori hanno imposto alla Grecia la nascita di un fondo in cui verranno versati attivi per 50 miliardi di euro. La ristrutturazione del debito, con un taglio del suo valore nominale, è invece fuori discussione.
A me sembrano ricette che riflettono il modello economico neoliberista dell’Unione Europea: un modello che ormai è tutto completamente da rifondare, ma non credo che gli apologeti del neoliberismo teutonico abbiano alcuna intenzione di rifondarlo.

Mentre la Merkel ci dice: <<Il cammino sarà lungo e difficile>>, Junker risponde <<Grecia, raggiunto l’accordo. “Non ci sono né vincitori né vinti”>> (13/07/2015)

E non poteva mancare l'Fmi: "Taglio debito o non approviamo il piano" (15/7/2015)

Qualcun’altro dichiara: «Come il golpe dei colonnelli del 1967» (Varoufakis 14/07/2015)

Cara frau Merkel, continuiamo a sperare che ci sia buona fede e che con le buone intenzioni non si lastrichi la strada per l’inferno.
Caro Junker, in realtà i vinti ci sono, ma non sono solo i Greci, è tutto il popolo europeo.
Intanto i Greci hanno già da un po’ di anni incominciato a sentire il caldo del fuoco infernale.
<<Grecia: «Il conto della disperazione? Diecimila suicidi in 5 anni, l’ultimo quello di mio figlio» intervista al direttore dell'ospedale greco Theodoros Giannaros, 58 anni, direttore dell’Ospedale Elpis, - dall’inviato Giuseppe Sarcina /CorriereTV >>(10/06/2015)
Oggi a mio avviso abbiamo un Euro senza Europa, un’Europa senza popolo, un popolo senza democrazia, ma forse ancora peggio senza futuro.

Possiamo arrivare a pensare che gli strumenti, anche quelli formali e di rappresentanza diretta che costituivano l’ultima spiaggia dei sistemi “democratici” non hanno più nessuna funzione nei paesi debitori.

Siamo di fronte ad una forma nuova di lotta di classe: la lotta tra paesi creditori e paesi debitori; tra paesi del nord e paesi del sud; tra comunitari ed extracomunitari; tra cattolici ed islamisti e fondamentalisti. La lotta di classe si è metamorfizzata con la globalizzazione: da lotta tra borghesia e capitalismo si è passati alla lotta tra i miserabili e i poveri costretti a vivere nel labirinto, mentre le èlite scorrazzano negli spazi intercontinentali pronti ad investire i loro mega-capitali.

Il paradosso o contraddizione per l’UE sta nel fatto che queste lotte di classe non dovevano esserci nella “Casa comune” europea e invece no, ci sono eccome. 

Oggi se avevamo ancora qualche dubbio lo abbiamo definitivamente rimosso, infatti una nazione indebitata che non rispetta i parametri della Troika non ha più sovranità sul proprio popolo e questo non ha più nessun diritto costituzionale. La sovranità si sposta altrove.

E’ questo il modello europeo che volevamo?

Ciò si verifica perché la Grecia non ha fatto i compiti a casa, non ha fatto le riforme! Ne siamo sicuri? 
E quando avrà fatto le riforme che sono previste dall’accordo che il Parlamento greco ha dovuto firmare, avendo la pistola puntata alla tempia, tutto si risolverà al meglio?

E’ come se il modello europeo che si è costruito progressivamente, un trattato dietro l’altro, a partire da metà degli anni ’80 del secolo scorso, anziché essere finalizzato alla costruzione della casa comune, si fosse metamorfizzato, trasformandosi in un modello di de-integrazione e demolizione di ciò che si era costruito. 

Siamo in quale ciclo del teorema dello sviluppo shumpeteriano? 
Dalla trasformazione del sogno in incubo e dalla distruzione del sistema socialdemocratico europeo pensiamo che una vera Unione Europea possa risorgere come la Fenice dalle sue ceneri? Oppure stiamo forse creando un sistema di distruzione per la distruzione?

In effetti le CRISI distruggono e inceneriscono, in questo tempo che mi sembra proprio l’apologia della crisi:

·         Crisi d’identità
·         Crisi/deficit di governance
·         Crisi/deficit di rappresentatività
·         Crisi sociale
·         Crisi economica
·         Crisi del debito
·         Crisi ambientale
·         Crisi politica
·         Crisi della democrazia

      Eccetera, eccetera.


Da alcuni anni (dal 2008) ci tengono sulla corda e in questo contesto, la crisi si è trasformata in caos e il caos in vecchie e nuove forme di violenza, predazione ed imperialismo.

Ormai è chiaro che ci stiamo muovendo in un labirinto che si sta trasformando in prigioni per le masse ed in regge per vecchie e nuove élite.

Uscire dal labirinto è possibile? Al momento non sembra esserci una via che ci possa condurre al di fuori dei recinti: non ci sono nuove mappe e la bussola è impazzita.

La bussola non segna più i punti cardinali tradizionali del nord, sud, est ed ovest.

Assistiamo a situazioni che sembrano del tutto paradossali: da un lato masse infinite di disperati caricati nelle carrette del mare che cercano rifugio in Europa per sottrarsi ai massacri, privazioni e miseria su terre africane, dall’altro lato paesi europei che sono continuamente sull’orlo di fallire o di volere uscire da accordi e sistemi geopolitici che si sono trasformati in trappole mortali.

In altre parole nel nostro labirinto post-moderno iper-capitalistico stiano assistendo a fenomeni di EXODUS e di EXIT.

Ma l’ EXODUS e gli EXIT non sono la causa ma la conseguenza di un’economia che uccide..

<<Oggi dobbiamo dire “no ad un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in Borsa…Alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità ed inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusicontinuano ad aspettare.>>[4]

Vade retro Caronte!

19 luglio 2015.

Antonello B.








[1] “Il sogno Europeo. Come l’Europa ha creato una nuova visione del futuro che sta lentamente eclissando il sogno americano” – Mondadori – 2004.
[2] il discorso di Tsipras per il referendum (27/06/2015)
[3] “Problemi in paradiso – Il comunismo dopo la fine della storia” – Slavoj Zizek – Ponte delle Grazie 2015.
[4] Papa Francesco - Questa economia uccide – Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi – Ed. Piemme - 2015

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