La speranza

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domenica 30 novembre 2014

La grande metamorfosi: lo Stato piegato ai voleri del dio mercato

Verso modelli post-capitalistici

Alla ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo
per una società più giusta ed equa!

Diagnostica - I fondamentali: Le grandi patologie.

La grande metamorfosi: Lo Stato piegato ai voleri del dio mercato (I^ parte)



Flash, istantanee ed abbagli dal labirinto post-moderno:


  • Quale forma assume lo Stato in un contesto politico di “MarktKonforme Demokratie”?


  • Cosa resta del modello di Stato che l'Occidente ha partorito nei trent'anni successivi alla II^ guerra mondiale?

  • Cosa resta delle Costituzioni più o meno democratiche sulle quali sono stati edificati i nuovi Stati?

  • Cos'è successo negli ultimi trent'anni agli Stati del mondo occidentale?

  • Cosa resta dei modelli di welfare state?

  • Quali funzioni svolge oggi lo Stato nei paesi cosiddetti sviluppati?


Sono queste alcune delle possibili domande che sorgono spontanee in questo Labirinto post-moderno sottoposto a mille pressioni e alle nuove forze che dettano in ogni istante le riforme strutturali, cioè quelle riforme considerate funzionali alle condizioni di crescita infinita cui devono sottostare i sistemi economici della mega-macchina capitalista.

«Riforme strutturali per il rilancio, agire su tasse e lavoro»

ROMA - «L'Eurozona agisce come una camicia di forza sulle politiche fiscali e sulla politica monetaria dei Paesi membri. Questo rende molto arduo il rilancio della crescita a livello nazionale. L'Italia non controlla la politica monetaria e deve rispettare la politica fiscale dei Trattati. L'unica via che rimane, che è anche la strada maestra, è quella delle riforme strutturali sulla parte dell'offerta per riconquistare competitività». Paul Sheard, Chief Global Economist e Head of Global Economics and Research di Standard & Poor's - capo di un team di oltre 50 economisti - è convinto che Eurozona e Italia abbiano ancora molto lavoro da fare per contare in futuro nell'economia mondiale: le riforme strutturali in Italia, e la realizzazione dell'unione bancaria, economica, fiscale e politica nella zona dell'euro. 1

Fmi: ripresa globale «lenta», rischi «stagnazione area euro». Priorità le riforme strutturali

Le riforme strutturali sono essenziali, la priorità per le economie del G20. «Ulteriori riforme sui mercati del lavoro e dei prodotti sono necessarie nella maggior parte dell'area euro». Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) nel documento che presenterà al G20 di Brisbane il 15 e 16 novembre, sottolineando che «nei paesi dell'area euro più colpiti dalla crisi e nelle economie emergenti con deficit delle partite correnti c'è bisogno di riforme che aumentino la competitività, insieme con la moderazione dei salari». 2

Per la Commissione UE le riforme strutturali sono “necessarie per sostenere il modello sociale europeo”:

<<RIFORME STRUTTURALI A LIVELLO DEGLI STATI MEMBRI
La riforma e l’ammodernamento delle economie europee sono in ultima istanza necessari per
sostenere il modello sociale europeo. È importante che ogni membro della società, e in
particolare le parti sociali, possa fare la propria parte sostenendo proattivamente il
cambiamento.
Un’attuazione ambiziosa delle riforme strutturali dei mercati dei beni e dei servizi e del
mercato del lavoro può contribuire ad accrescere la produttività, a riconquistare competitività
e a migliorare il contesto imprenditoriale, in modo da promuovere gli investimenti. Questo
può favorire un riequilibrio duraturo del modello di crescita europeo e contribuire a ridurre
l’impatto negativo della necessaria riduzione dell’indebitamento del settore privato e
contribuire a prevenire squilibri macroeconomici dannosi. Inoltre, grazie ai loro effetti sulla
crescita, sulla produttività e sull’occupazione, le riforme strutturali possono contribuire a
migliorare la situazione sociale nel suo insieme, a ridurre la povertà e a garantire la
sostenibilità del debito pubblico e privato, purché esistano i canali adeguati.
Nonostante i risultati raggiunti da alcuni Stati membri (soprattutto i più vulnerabili), un
ulteriore sforzo di riforma è richiesto da parte di tutti gli Stati membri. L’esperienza recente
ha dato ampia prova che un’azione ambiziosa apporta risultati evidenti.>>3


Ma mi pare che il “modello sociale europeo” sia ormai un modello neoliberista o ordoliberista molto distante da quello che la Costituzione Italiana aveva sancito:


Art. 3 Cost. It.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.


Art. 41.

L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

E' vero che questi principi costituzionali sono rimasti in molti casi di “carta” o lettera morta, ma è anche vero che a livello di principio essi configuravano una funzione sociale dello Stato per la valorizzazione e sviluppo della persona e di impegno per finalità sociali degli interventi pubblici e privati.

Oggi tutto sembra essere finalizzato allo sviluppo delle capacità competitive, alla concorrenza, alla crescita ed alla produttività per “combattere” le “nuove guerre” su scala globale.

E' ormai assodato che lo Stato, che abbiamo conosciuto nel trentennio taylorista-keynesiano successivo alla seconda guerra mondiale ('45-'80), si è piegato al volere dei potentati economici dell'ipercapitalismo e alla legge del dio mercato.


“Il governo non è la soluzione, è il problema” 
diceva Ronald Reagan negli anni '80.

Abbiamo assistito, in questi ultimi trent'anni, al crollo degli Stati Comunisti e al graduale disfacimento degli Stati Socialdemocratici.

E dopo aver rapidamente abbandonato il martoriato stato socialdemocratico, si è pensato che potesse esserci una ”terza via” tra il sistema neoliberistico del darwinismo sociale e quello della pianificazione centralizzata comunista.

Una “terza via” che dava per scontato che il sistema politico dovesse muoversi nell'ambito delle regole del “neoliberismo”, con la benedizione delle forze politiche di sinistra:

<<Il successo durevole del neoliberismo è stato assicurato non solo dall'adesione delle grandi formazioni politiche di destra a un nuovo progetto politico di concorrenza mondiale, ma anche dalla porosità della sinistra moderna verso i grandi temi neoliberali, fino a dare l'impressione, in alcuni casi (si pensi soprattutto a “blairismo”), di una completa sottomissione alla razionalità dominante. (…) L'esempio migliore della svolta neoliberista della sinistra è il cambiamento di significato della politica sociale in rottura con tutta la tradizione socialdemocratica che aveva come linea direttrice una modalità di distribuzione di beni sociali indispensabile all'intera popolazione.
(…) questo tipo di politiche si è sempre appoggiato sull'idea che per far funzionare i mercati si debbano ridurre le imposte, diminuire la spesa pubblica (anche inquadrandone l'evoluzione mediante regole costituzionali), cedere ai privati le imprese pubbliche, restringere la previdenza sociale, privilegiare “soluzioni individuali” di fronte ai rischi, controllare la crescita della massa monetaria per ridurre l'inflazione, disporre di una moneta forte e stabile, deregolamentare i mercati, soprattutto quello del lavoro. In fondo, se il “compromesso socialdemocratico” era sinonimo di interventismo statale, il “compromesso neoliberista” significava, da parte sua, il libero mercato.>>4

Ma la terza via”, dei modelli di liberal – democrazia "alla Blair", è rimasta schiacciata anch'essa dalle nuove forze dell'ipercapitalismo e della nuova plutocrazia globale.

La terza via è rimasta aperta alla libertà, ma solo a vantaggio di pochi e la democrazia si è “sfigurata”, se non addirittura volatilizzata.

E così lo Stato - che si definisce attraverso un territorio e delle frontiere, che costituisce una comunità, un popolo, una nazione – si è trovato spiazzato dal capitale che segue un processo di “deterritorializzazione permanente”, che non conosce alcun limite - è sottoposto oggi ad una profonda metamorfosi: le forze di questa metamorfosi lo spingono ad essere impotente di fronte alle vecchie e nuove ingiustizie e ai vecchi e nuovi squilibri sistemici che ho definito le grandi patologie.

In termini sistemici e più ampi gli Stati occidentali hanno subito profonde mutazioni per effetto di alcuni fenomeni e forze scatenatesi con la nuova globalizzazone:

  1. delocalizzazione nelle zone geografiche con vasta riserva di manodopera senza diritti e non sindacalizzata;
  2. ascesa del finanzcapitalismo;
  3. nuovi modelli manageriali di flessibilità e di gestione della supply chain;
  4. innovazioni tecnologiche per l'automazione e la gestione integrata delle informazioni;
  5. sfruttamento folle delle risorse naturali ed ambientali.
Anche questa metamorfosi dello Stato rappresenta per me una grande patologia che condiziona la salute dell'individuo, della società e dell'ecosistema nel suo complesso.

Lo Stato sembra ormai rinuciatario nel combattere le nuove miserie, schiavitù e la degenerazione dello stupro ambientale.

Indebitato fino alle midolla, lo Stato si ritrova privato di risorse per impostare progettualità che vadano oltre l'orizzonte di breve periodo, coincidente con il ciclo elettorale, e che possano concretamente rimuovere “gli ostacoli di ordine economico e sociale” in un'ottica di riequilibrio e giustizia.

Lo Stato sembra essere lì per garantire che il potere di alcuni soggetti possa essere ancora più forte e più profittevole.

Si vedano alcune politiche fiscali a vantaggio di pochi.

Lo Stato (molti degli Stati del mondo) appare oggi come un “Lillipuziano” di fronte al mega-capitale delle nuove multinazionali:

Vedi ad esempio le Classifiche di Plus – Sole 24 ore

L'ELITE DELLE BORSE MONDIALI

Tabella sequenziale a quella pubblicata su PLUS del Sole 24 ORE del 22/11/2014

Classifica delle maggiori società mondiali quotate per capitalizzazione



Class.
Titolo
Mkt cap mln di euro
Variazione% 60 mesi
Prezzo / Mezzi Propri
1
Apple Inc<CF807>(USA)
427825,62
374,32
6,58
2
Exxon Mobil<CF807>(USA)
257554,55
51,75
2,61
3
Microsoft Cp<CF807>(USA)
252851,52
91,85
5,67
4
Google Inc<CF807>(USA)
233936,45
126,08
4,66
5
Berkshre Cl B<CF807>(USA)
228333,98
150,10
1,78
6
Novartis<CF807>(CH)
206106,76
69,44
3,38
7
Roche Holding Ag<CF807>(CH)
206083,58
78,96
12,67

La sola Apple ha una capitalizzazione di borsa superiore al P.I.L. della stragrande maggioranza degli Stati del mondo (427 miliardi di euro o ca. 700 mld. di dollari Usa).

Da un lato, quindi, osserviamo la crescita di nuovi giganti economici e, dall'altro lato, l'atrofizzazione degli Stati nazione che si sono formati dopo la seconda guerra mondiale.

E questa atrofizzazione non sembra essere corretta con le forme di governo sovranazionali, anzi, come nel caso UE, sembra che la debolezza degli Stati sia fonte di denuncia, condanna e di ulteriore impoverimento degli stessi (vedi catena: debito pubblico- spread- politiche di austerity).

Lo Stato risulta ingabbiato, bloccato e ipnotizzato dalla forza e pressione del mercato, della competizione, della razionalità neoliberista che oggi è diventata un vero e proprio dogma.

Lo Stato debitore che si è trovato in forte difficoltà dopo gli interventi di salvataggio delle banche e di crisi economica (dal 2007 in poi) oggi sembra aver imboccato un'unica via, quella imposta dal mercato.

Possiamo chiudere questa I^ parte riguardante la metamorfosi dello Stato con queste parole:

<<La subordinazione dell'amministrazione e del Welfare alla valorizzazione del capitale, inaugurata dal neoliberismo negli anni Ottanta, non è quella di uno Stato minimale, ma quella di uno Stato sbarazzatosi della presa dei lavoratori salariati, dei disoccupati, delle donne, dei poveri sulle spese sociali. Lo Stato massimo, come la crisi ha l'onere di mostrarci, è del tutto compatibile con il neoliberalismo. La variazione del rapporto di forza intervenuta alla fine degli anni Settanta conferisce ai liberali la possibilità di utilizzare le funzioni dello Stato (prestatore di ultima istanza, politiche fiscali, politiche redistributive ecc) a loro vantaggio. (…) La sovranità popolare non è più incondizionata, poichè gli unici voti che contano sono quelli dei mercati, delle istituzioni finanziarie e di governance internazionali che esprimono quotidianamente la loro volontà “politica” in tempo reale con la borsa e lo spread. Se il popolo vota come questi “grandi elettori”, allora il voto sarà legittimo, altrimenti basterà rivotare o trovare un modo per aggirare una democrazia svuotata da ogni potere. Ciò che di democratico vi è stato nel capitalismo non ha mai avuto niente a che vedere con il liberalismo né con il capitale, ma con la lotta e la resistenza dei “governati”. I liberali, da parte loro, non avrebbero mai osato nient'altro che una democrazia dei proprietari.>>5

(segue)

30 novembre 2014

Antonello B.

1«Riforme strutturali per il rilancio, agire su tasse e lavoro» I. Bufacchi – Il Sole 24 Ore – 22/03/2014

2 Fmi: ripresa globale «lenta», rischi «stagnazione area euro». Priorità le riforme strutturali - Il Sole 24 Ore –12/11/2014.

3“COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, AL COMITATO DELLE REGIONI E ALLA BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI” - Commissione UE – 28/11/2014


4“La nuova ragione del mondo – Critica della razionalità neoliberista” - Pierre Dardot e Christian Laval – Derive Approdi – 2013.

5Il governo dell'uomo indebitato – saggio sulal condizione neoliberista" – Maurizio Lazzarato – Derive Approdi – 2013.

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