Verso
modelli post-capitalistici
Alla
ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo
per una società
più giusta ed equa!
Diagnostica
- I fondamentali: Le grandi patologie.
La grande
metamorfosi:
Lo
Stato piegato ai voleri del dio mercato (I^ parte)
Flash,
istantanee ed abbagli dal labirinto post-moderno:
- Quale forma assume lo Stato in un contesto politico di “MarktKonforme Demokratie”?
- Cosa resta del modello di Stato che l'Occidente ha partorito nei trent'anni successivi alla II^ guerra mondiale?
- Cosa resta delle Costituzioni più o meno democratiche sulle quali sono stati edificati i nuovi Stati?
- Cos'è successo negli ultimi trent'anni agli Stati del mondo occidentale?
- Cosa resta dei modelli di welfare state?
- Quali funzioni svolge oggi lo Stato nei paesi cosiddetti sviluppati?
Sono
queste alcune delle possibili domande che sorgono spontanee in questo
Labirinto post-moderno sottoposto a mille pressioni e alle
nuove forze che dettano in ogni istante le riforme strutturali,
cioè quelle riforme considerate funzionali alle condizioni di
crescita infinita cui devono sottostare i sistemi economici
della mega-macchina capitalista.
«Riforme strutturali per il rilancio, agire su tasse e lavoro»
ROMA
- «L'Eurozona agisce come una camicia di forza sulle politiche
fiscali e sulla politica monetaria dei Paesi membri. Questo rende
molto arduo il rilancio della crescita a livello nazionale. L'Italia
non controlla la politica monetaria e deve rispettare la politica
fiscale dei Trattati. L'unica via che rimane, che è anche la strada
maestra, è quella delle riforme strutturali sulla parte dell'offerta
per riconquistare competitività». Paul Sheard, Chief Global
Economist e Head of Global Economics and Research di Standard &
Poor's - capo di un team di oltre 50 economisti - è convinto che
Eurozona e Italia abbiano ancora molto lavoro da fare per contare in
futuro nell'economia mondiale: le riforme strutturali in Italia, e la
realizzazione dell'unione bancaria, economica, fiscale e politica
nella zona dell'euro. 1
Fmi: ripresa globale «lenta», rischi «stagnazione area euro». Priorità le riforme strutturali
Le
riforme strutturali sono essenziali, la priorità per le economie del
G20. «Ulteriori riforme sui mercati del lavoro e dei prodotti sono
necessarie nella maggior parte dell'area euro». Lo afferma il Fondo
Monetario Internazionale (Fmi) nel documento che presenterà al G20
di Brisbane il 15 e 16 novembre, sottolineando che «nei paesi
dell'area euro più colpiti dalla crisi e nelle economie emergenti
con deficit delle partite correnti c'è bisogno di riforme che
aumentino la competitività, insieme con la moderazione dei salari».
2
Per la Commissione UE le
riforme strutturali sono “necessarie per sostenere il modello
sociale europeo”:
<<RIFORME
STRUTTURALI A LIVELLO DEGLI STATI MEMBRI
La
riforma e l’ammodernamento delle economie europee sono in ultima
istanza necessari per
sostenere
il modello sociale europeo. È importante che ogni membro della
società, e in
particolare
le parti sociali, possa fare la propria parte sostenendo
proattivamente il
cambiamento.
Un’attuazione
ambiziosa delle riforme strutturali dei mercati dei beni e dei
servizi e del
mercato
del lavoro può contribuire ad accrescere la produttività, a
riconquistare competitività
e
a migliorare il contesto imprenditoriale, in modo da promuovere gli
investimenti. Questo
può
favorire un riequilibrio duraturo del modello di crescita europeo e
contribuire a ridurre
l’impatto
negativo della necessaria riduzione dell’indebitamento del settore
privato e
contribuire
a prevenire squilibri macroeconomici dannosi. Inoltre, grazie ai loro
effetti sulla
crescita,
sulla produttività e sull’occupazione, le riforme strutturali
possono contribuire a
migliorare
la situazione sociale nel suo insieme, a ridurre la povertà e a
garantire la
sostenibilità
del debito pubblico e privato, purché esistano i canali adeguati.
Nonostante
i risultati raggiunti da alcuni Stati membri (soprattutto i più
vulnerabili), un
ulteriore
sforzo di riforma è richiesto da parte di tutti gli Stati membri.
L’esperienza recente
ha
dato ampia prova che un’azione ambiziosa apporta risultati
evidenti.>>3
Ma
mi pare che il “modello sociale europeo” sia ormai
un modello neoliberista o ordoliberista molto distante da quello che
la Costituzione Italiana aveva sancito:
Art.
3 Cost. It.
Tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione,
di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
Art.
41.
L'iniziativa
economica privata è libera.
Non
può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da
recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La
legge determina i programmi e i controlli opportuni perché
l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e
coordinata a fini sociali.
E'
vero che questi principi costituzionali sono rimasti in molti casi di
“carta” o lettera morta, ma è anche vero che a livello di
principio essi configuravano una funzione sociale dello Stato per la
valorizzazione e sviluppo della persona e di impegno per finalità
sociali degli interventi pubblici e privati.
Oggi
tutto sembra essere finalizzato allo sviluppo delle capacità
competitive, alla concorrenza, alla crescita ed alla produttività
per “combattere” le “nuove guerre” su scala globale.
E'
ormai assodato che lo Stato, che abbiamo conosciuto nel trentennio
taylorista-keynesiano successivo alla seconda guerra mondiale
('45-'80), si è piegato al volere dei potentati economici
dell'ipercapitalismo e alla legge del dio mercato.
“Il governo non è la
soluzione, è il problema”
diceva
Ronald Reagan negli anni '80.
Abbiamo
assistito, in questi ultimi trent'anni, al crollo degli Stati
Comunisti e al graduale disfacimento degli Stati Socialdemocratici.
E
dopo aver rapidamente abbandonato il martoriato stato
socialdemocratico, si è pensato che potesse esserci una ”terza
via” tra il sistema neoliberistico del darwinismo sociale e
quello della pianificazione centralizzata comunista.
Una
“terza via” che dava per scontato che il sistema politico dovesse
muoversi nell'ambito delle regole del “neoliberismo”, con la
benedizione delle forze politiche di sinistra:
<<Il
successo durevole del neoliberismo è stato assicurato non solo
dall'adesione delle grandi formazioni politiche di destra a un nuovo
progetto politico di concorrenza mondiale, ma anche dalla porosità
della sinistra moderna verso i grandi temi neoliberali, fino a dare
l'impressione, in alcuni casi (si pensi soprattutto a “blairismo”),
di una completa sottomissione alla razionalità dominante. (…)
L'esempio migliore della svolta neoliberista della sinistra è il
cambiamento di significato della politica sociale in rottura con
tutta la tradizione socialdemocratica che aveva come linea direttrice
una modalità di distribuzione di beni sociali indispensabile
all'intera popolazione.
(…)
questo tipo di politiche si è sempre appoggiato sull'idea che per
far funzionare i mercati si debbano ridurre le imposte, diminuire la
spesa pubblica (anche inquadrandone l'evoluzione mediante regole
costituzionali), cedere ai privati le imprese pubbliche, restringere
la previdenza sociale, privilegiare “soluzioni individuali” di
fronte ai rischi, controllare la crescita della massa monetaria per
ridurre l'inflazione, disporre di una moneta forte e stabile,
deregolamentare i mercati, soprattutto quello del lavoro. In fondo,
se il “compromesso socialdemocratico” era sinonimo di
interventismo statale, il “compromesso neoliberista” significava,
da parte sua, il libero mercato.>>4
Ma
la “terza via”, dei modelli di
liberal – democrazia "alla Blair", è rimasta
schiacciata anch'essa dalle nuove forze dell'ipercapitalismo e della
nuova plutocrazia globale.
La
terza via è rimasta aperta alla libertà, ma solo a vantaggio di
pochi e la democrazia si è “sfigurata”, se non addirittura
volatilizzata.
E
così lo Stato - che si definisce attraverso un territorio e delle
frontiere, che costituisce una comunità, un popolo, una nazione –
si è trovato spiazzato dal capitale che segue un processo di
“deterritorializzazione permanente”, che non conosce alcun
limite - è sottoposto oggi ad una profonda metamorfosi: le forze di
questa metamorfosi lo spingono ad essere impotente di fronte alle
vecchie e nuove ingiustizie e ai vecchi e nuovi squilibri sistemici
che ho definito le grandi patologie.
In
termini sistemici e più ampi gli Stati occidentali hanno subito
profonde mutazioni per effetto di alcuni fenomeni e forze scatenatesi
con la nuova globalizzazone:
- delocalizzazione nelle zone geografiche con vasta riserva di manodopera senza diritti e non sindacalizzata;
- ascesa del finanzcapitalismo;
- nuovi modelli manageriali di flessibilità e di gestione della supply chain;
- innovazioni tecnologiche per l'automazione e la gestione integrata delle informazioni;
- sfruttamento folle delle risorse naturali ed ambientali.
Anche
questa metamorfosi dello Stato rappresenta per me una grande
patologia che condiziona la salute dell'individuo, della società e
dell'ecosistema nel suo complesso.
Lo
Stato sembra ormai rinuciatario nel combattere le nuove miserie,
schiavitù e la degenerazione dello stupro ambientale.
Indebitato
fino alle midolla, lo Stato si ritrova privato di risorse per
impostare progettualità che vadano oltre l'orizzonte di breve
periodo, coincidente con il ciclo elettorale, e che possano
concretamente rimuovere “gli
ostacoli di ordine economico e sociale” in un'ottica di
riequilibrio e giustizia.
Lo
Stato sembra essere lì per garantire che il potere di alcuni
soggetti possa essere ancora più forte e più profittevole.
Si
vedano alcune politiche fiscali a vantaggio di pochi.
Lo
Stato (molti degli Stati del mondo) appare oggi come un
“Lillipuziano” di fronte al mega-capitale delle nuove
multinazionali:
Vedi ad esempio le Classifiche di Plus – Sole 24 ore
L'ELITE
DELLE BORSE MONDIALI
Tabella
sequenziale a quella pubblicata su PLUS del Sole 24 ORE del
22/11/2014
Classifica delle maggiori società mondiali quotate per
capitalizzazione
Titolo
|
Mkt
cap mln di euro
|
Variazione%
60 mesi
|
||
1
|
Apple
Inc<CF807>(USA)
|
427825,62
|
374,32
|
|
2
|
Exxon
Mobil<CF807>(USA)
|
257554,55
|
51,75
|
|
3
|
Microsoft
Cp<CF807>(USA)
|
252851,52
|
91,85
|
|
4
|
Google
Inc<CF807>(USA)
|
233936,45
|
126,08
|
|
5
|
Berkshre
Cl B<CF807>(USA)
|
228333,98
|
150,10
|
|
6
|
Novartis<CF807>(CH)
|
206106,76
|
69,44
|
|
7
|
Roche
Holding Ag<CF807>(CH)
|
206083,58
|
78,96
|
12,67
|
La
sola Apple ha una capitalizzazione di borsa superiore al P.I.L. della
stragrande maggioranza degli Stati del mondo (427 miliardi di euro o ca. 700 mld. di dollari Usa).
Da
un lato, quindi, osserviamo la crescita di nuovi giganti
economici e, dall'altro lato, l'atrofizzazione degli Stati
nazione che si sono formati dopo la seconda guerra mondiale.
E
questa atrofizzazione non sembra essere corretta con le forme di
governo sovranazionali, anzi, come nel caso UE, sembra che la
debolezza degli Stati sia fonte di denuncia, condanna e di ulteriore
impoverimento degli stessi (vedi catena: debito pubblico- spread-
politiche di austerity).
Lo
Stato risulta ingabbiato, bloccato e ipnotizzato dalla forza e
pressione del mercato, della competizione, della razionalità
neoliberista che oggi è diventata un vero e proprio dogma.
Lo
Stato debitore che si è trovato in forte difficoltà dopo gli
interventi di salvataggio delle banche e di crisi economica (dal 2007
in poi) oggi sembra aver imboccato un'unica via, quella imposta dal
mercato.
Possiamo
chiudere questa I^ parte riguardante la metamorfosi dello Stato con
queste parole:
<<La
subordinazione dell'amministrazione e del Welfare alla valorizzazione
del capitale, inaugurata dal neoliberismo negli anni Ottanta, non è
quella di uno Stato minimale, ma quella di uno Stato
sbarazzatosi della presa dei lavoratori salariati, dei disoccupati,
delle donne, dei poveri sulle spese sociali. Lo Stato massimo,
come la crisi ha l'onere di mostrarci, è del tutto compatibile
con il neoliberalismo. La variazione del rapporto di forza
intervenuta alla fine degli anni Settanta conferisce ai liberali la
possibilità di utilizzare le funzioni dello Stato (prestatore di
ultima istanza, politiche fiscali, politiche redistributive ecc) a
loro vantaggio. (…) La sovranità popolare non è più
incondizionata, poichè gli unici voti che contano sono quelli dei
mercati, delle istituzioni finanziarie e di governance internazionali
che esprimono quotidianamente la loro volontà “politica” in
tempo reale con la borsa e lo spread. Se il popolo vota come questi
“grandi elettori”, allora il voto sarà legittimo, altrimenti
basterà rivotare o trovare un modo per aggirare una democrazia
svuotata da ogni potere. Ciò che di democratico vi è stato nel
capitalismo non ha mai avuto niente a che vedere con il liberalismo
né con il capitale, ma con la lotta e la resistenza dei “governati”.
I liberali, da parte loro, non avrebbero mai osato nient'altro che
una democrazia dei proprietari.>>5
(segue)
30
novembre 2014
Antonello
B.
1«Riforme strutturali per il rilancio, agire su tasse e lavoro» I. Bufacchi – Il Sole 24 Ore – 22/03/2014
2 Fmi: ripresa globale «lenta», rischi «stagnazione area euro». Priorità le riforme strutturali - Il Sole 24 Ore –12/11/2014.
3“COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, AL COMITATO DELLE REGIONI E ALLA BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI” - Commissione UE – 28/11/2014
4“La
nuova ragione del mondo – Critica della razionalità neoliberista”
- Pierre Dardot e Christian Laval – Derive Approdi – 2013.
5“Il
governo dell'uomo indebitato – saggio sulal condizione
neoliberista" – Maurizio Lazzarato – Derive Approdi – 2013.






