Verso
modelli post-capitalistici
Alla
ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo
per una società
più giusta ed equa!
Diagnostica
- I fondamentali
Le
grandi patologie: LA RELIGIONE DEL DIO MERCATO.
Nei
meandri del labirinto magmatico della nostra società
iper-capitalista e post-moderna abbiamo individuato le prime
due grandi patologie del sistema
sociale ed economico che caratterizzano i paesi sviluppati
occidentali e tutti quelli che vi si ispirano:
- la diseguaglianza reddituale-patrimoniale crescente e devastante;
- la precarietà che si alimenta con la flessibilità e che si trasforma o è potenzialmente e prospetticamente in grado di tradursi in povertà ed in miseria.
Queste
due grandi patologie non nascono per caso, non piovono da Marte e non
dipendono dai cicli lunari, bensì originano da un complesso di
fattori e cause riconducibili al comportamento dell'Homo
sapiens-sapiens.
Oggi
possiamo dire di vivere il tempo che K. Marx aveva prefigurato:
"Venne
infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato
come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva
essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora
erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute,
acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza,
coscienza, ecc. – tutto divenne commercio. È il tempo della
corruzione generale, della venalità universale, o, per parlare in
termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale e
fisica, divenuta valore venale, viene portata al mercato per essere
apprezzata al suo giusto valore".
(K. Marx, "Miseria della filosofia")
(K. Marx, "Miseria della filosofia")
E'
venuto il tempo che ha trasformato l'Homo
sapiens-sapiens in Homo
Oeconomicus con la sua idea di
efficienza e di libertà trasformata in un dogma, o meglio in una
vera e propria religione con i suoi comandamenti, icone sacre, santi
e demoni: è la religione del
liberismo e del tempo
del dio mercato.
Forse
ancora oggi i sacerdoti di questa religione si ispirano alle famose
parole di Adam Smith:
“Non
è dalla
benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci
aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro
interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro
egoismo, e parliamo dei loro vantaggi e mai delle nostre necessità”
Dirigendo
una particolare industria in modo da produrre il maggior valore
possibile, l'individuo persegue solo il proprio guadagno, ed egli è,
in questo come in molti altri casi, guidato da una mano invisibile
a promuovere una finalità che non è parte delle sue intenzioni
(...).
Ricercando
il proprio interesse egli promuove frequentemente quello dell'intera
società, più efficacemente di quanto accadrebbe se nell'agire si
proponesse di seguire l'interesse generale. 1
,
o
forse a quelle di Friedrich
von Hayek:
“Non
c'è niente nei principi fondamentali del liberalismo che lo
configuri come un credo stazionario; non ci sono regole rigide
stabilite una volta per tutte. Il principio fondamentale, secondo cui
nel gestire
i nostri affari dobbiamo fare uso il più possibile delle forze
spontanee della società e ricorrere il meno possibile alla
coercizione, è suscettibile di un'infinita varietà di
applicazioni.“
o,
ancora, a Milton
Friedman:
“Gli
affari hanno una e sola
responsabilità sociale,
quella
di utilizzare le proprie risorse
e
svolgere attività destinate ad aumentare i profitti.”
Non
so proprio a chi si siano ispirati i nuovi sacerdoti e sherpa, ma una
cosa è certa: aveva proprio ragione Hayek a dire che il credo del
liberalismo non era un sistema stazionario, che non c'erano
regole rigide, infatti tutto cambia e tutto si trasforma - con un
tocco qui e là di “distruzione creatrice” - in nome del
profitto ed in onore del Mercato.
Ma
forse né Hayek né il suo grande oppositore Keynes avrebbero mai
immaginato quanto sarebbe stata profonda la trasformazione del
capitalismo dalla fine della II^ guerra mondiale ai gionri nostri e
non solo perchè all'epoca dei due economisti la popolazione mondiale
era di 3 miliardi contro i 7 milairdi di oggi.
La
profonda trasformazione è stata ben rappresentata nell'opera di
David Harvey “La crisi della modernità – Riflessioni sulle
origini del presente” (1990).
L'autore
descrive come il sistema capitalistico sia passato, da
un'accumulazione di tipo fordista-keynesiana (del periodo che va
dalla fine della seconda guerra mondiale sino agli anni '70) ad
un'accumulazione flessibile del capitale.
Egli
scrive:
<<(…)
nel periodo compreso fra il 1965 e il 1973 divenne sempre più
evidente l'incapacità del sistema fordista e keynesiano di tenere
sotto controllo le intrinseche contraddizione del capitalismo.
Apparentemente
queste difficoltà potevano essere ben definite con una parola sola:
rigidità. Vi erano problemi di rigidità negli immobilizzi a lungo
termine e negli investimenti su larga scala nei sistemi di produzione
in serie, il che impediva un'adeguata flessibilità dei progetti e
presumeva una crescita stabile in mercati di consumo immutabili. Vi
erano problemi di rigidità nei mercati del lavoro, nell'allocazione
della forza lavoro (…).
E
ogni tentativo di superare queste rigidità si scontrava con la forza
apparentemente irremovibile delle organizzazoni della classe operaia.
(…) L'unico strumento di risposta flessibile stava nella politica
monetaria, nella capacità di stampare moneta a qualsiasi velocità
sembrasse necessaria per garantire la stabilità dell'economia. (…)
L'accumulazione
flessibile, come proverò a chiamarla, è caratterizzata da un
confronto diretto con la rigidità del fordismo. Poggia su una certa
flessibilità nei confronti dei processi produttivi, dei mercati del
lavoro, dei prodotti e dei modelli di consumo. E' caratterizzata
dall'emergere di settori di produzione completamente nuovi, nuovi
modi di fornire servii finanziari, nuovi mercati e, soprattutto,
tassi molto più elevati di innovazione commerciale, tecnologica e
organizzativa (…).Essa ha pure determinato una nuova fase di quella
che chiamerò “compressione spazio-temporale” nel mondo
capitalistico.
(…)
Ma il crollo delle barriere spaziali non significa che stia
diminuendo l'importanza dello spazio. Non è la prima volta nella
storia del capitalismo che si trovano indicazioni a sostegno della
tesi opposta. L'accrescituta concorrenza in condizioni di crisi ha
costretto i capitalisti a prestare un'attenzone molto maggiore alla
scelta del luogo, proprio perchè il ridimensionamento delle barriere
spaziali conferisce ai capitalisti il potere di sfruttare a loro
vantaggio anche esigue differenziazioni spaziali (...)la fuga di
capitali, la deindustrializzazione di alcune regioni e
l'industrializzazione di altre e la distruzione delle tradizionali
comunità operaie che erano i punti di forza nella lotta di classe
diventano i motivi principali della trasformazione spaziale in
condizioni più flessibili di accumulazione.>>2
La
sintesi del passaggio dal fordismo alla postmodernità e
accumulazione flessibile è presentata nella
tabella tratta dall'opera citata di Harvey (ho
evidenziato le tendenze della posmodernità che ritengo più
attinenti).
Tabella:
“Modernità fordista e postmodernità flessibile, ovvero la
compenetrazione di tendenze opposte nella società capitalistica”
Modernità
fordista
|
Postmodernità
flessibile
|
Economie
di scala
Codice
principale
Gerarchia
Omogeneità
Divisione
minuta del lavoro
|
Economie
di scopo
Idioletto
Anarchia
Diversità
Divisione
sociale del lavoro
|
Paranoia
Alienazione
Sintomo
Edilizia
popolare
Capitale
Monopolistico
|
Schizofrenia
Decentramento
Desiderio
Senzatetto
Imprenditorialità
|
Scopo
Progetto
Controllo
Determinazione
Capitale
di produzione
Universalismo
|
Gioco
Caso
Esaurimento
Indeterminatezza
Capitale
fittizio
Localizzazione
|
Potere
dello stato
Sindacati
Welfare
state
Metropoli
|
Potere
finanziario
Individualismo
Neo-conservatorismo
Controurbanizzazione
|
Etica
Merce
denaro
Dio
padre
Materialità
|
Estetica
Moneta
di conto
Spirito
Santo
Immaterialità
|
Produzione
Originalità
Autorità
Colletti
blu
Avanguardismo
Politica
dei gruppi di interesse
Semantica
|
Riproduzione
Pastiche
Eclettismo
Colletti
bianchi
Commercialismo
Politica
Carismatica
Retorica
|
Centralizzazione
Totalizzazione
Sintesi
Contrattazione
collettiva
|
Decentramento
Decostruzione
Antitesi
Contratti
locali
|
Gestione
operativa
Codice
principale fallico
Compiti
univoci
Origine
|
Gestione
strategica
Idioletto
androgino
Compiti
multipli
Traccia
|
Metateoria
Narrazione
Profondità
Produzione
in serie
Politica
di classe
Razionalità
tecnico-scientifica
|
Giochi
linguistici
Immagine
Superficie
Produzione
in piccole quantità
Movimenti
Diversità
pluralistica
|
Utopia
Arte
che redime
Concentrazione
Lavoro
specializzato
Consumo
collettivo
|
Eterotopie
Spettacolo
Dispersione
Lavoratore
flessibile
Capitale
simbolico
|
Funzione
Rappresentazione
Significato
Industria
Etica
del lavoro protestante
Riproduzione
meccanica
|
Finzione
Autoreferenza
Significante
Servizi
Contratto
a termine
Riproduzione
elettronica
|
Divenire
Epistemologia
Regolamentazione
Rinnovo
urbano
Spazio
relativo
|
Essere
Ontologia
Deregulation
Rivitalizzazione
urbana
Luogo
|
Interventismo
statale
Industrializzazione
Internazionalismo
Permanenza
Tempo
|
Liberismo
Deindustrializzazione
Geopolitica
Fuggevolezza
Spazio
|
Nell'opera
appena citata ci sono gran parte delle radici del cambiamento che
hanno alimentato l'attuale estensione al “villaggio globale”
della cura neoliberista.
La
“mano invisibile del
mercato” ha consentito ad alcuni di poter beneficiare
della forte accelerazione delle innovazioni tecnico-scientifiche -
che hanno fortemente compresso lo spazio-tempo - e della conseguente
flessibilità divenuta funzionale alle nuove forme di accumulazione
su scala planetaria.
La
religione del mercato continua a trionfare, nonostante le reiterate
crisi, nel villaggio globale e in tutti i contesti anche per effetto
dell'implosione del comunismo, della marginalizzazione del
socialismo, della liberal – democrazia e della perdita di forza
delle istituzioni statali che, con le loro funzione di
redistribuzione e di sicurezza, avevano garantito un certo
equilibrio.
E'
emblematico che sia proprio un amministratore delegato di una delle
più grandi società mondiali ad affermare:
<<Capitalism
has served us enormously well. Yet while it has helped to reduce
global poverty and expand access to health care and education, it has
come at an enormous cost: unsustainable levels of public and private
debt, excessive consumerism, and, frankly, too many people who are
left behind. Any system that prevents large numbers of people from
fully participating or excludes them altogether will ultimately be
rejected. And that’s what you see happening. People are asking,
“What are we doing here? The amount of resources we currently use
is 1.5 times the world’s resource capacity. Is that sustainable? A
billion people still go to bed hungry. Is that sustainable? The
richest 85 people have the same wealth as the bottom 3.5 billion. Is
that sustainable?” Digitization and the Internet have given
consumers enormous abilities to connect and aggregate their voices.
Power is dispersed, but wealth is concentrated. Further development
and population growth will put a lot more pressure on our planet.3
In
queste poche righe ci sono molte delle contraddizioni del sistema -
“costruito sulle capacità del mercato di autoregolarsi” - che ha
fallito quello che doveva essere uno dei suoi più importanti
obiettivi: l'obiettivo della sostenibilità del suo processo
di accumulazione e di trasformazione.
In
altri termini, con il dogma della crescita perpetua, il capitalismo
ha superato il limite, o meglio i limiti: geografici, politici,
culturali, fisici o ecologici, economici e morali (“etica
trasformata in estetica”).
Posso
concludere queste brevi note con le parole di Serge Latouche:
<<Il
fatto che la società uscita dai Lumi, emancipata da ogni
trascendenza e da ogni tradizione abbia veramente rinunciato alla sua
autonomia e si sia abbandonata alla regolazione eteronoma di
meccanismi automatici (ndr. la religione del
dio mercato) per sottomettersi alle leggi del mercato e a
quelle del sistema tecnico, è giunto a costituire un pericolo
mortale per la sopravvivenza dell'umanità.>>4
Antonello
B.
.
1La
ricchezza delle nazioni – A. Smith.
2La
crisi della modernità – Riflessioni sull'origine del presente -Il
Saggiatore (1993)
3Unilever
chief executive Paul Polman explains why capitalism must evolve, his
company’s efforts to change, and how business leaders are critical
to solving intractable problems – 16/5/2014
McKinsey.
4La
Megamacchina – Ragione tecnoscientifica, ragione economica e mito
del progresso. Serge Latouche – Bollati Boringhieri (ristampa
2008).

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