La speranza

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domenica 18 maggio 2014

Verso modelli post-capitalistici

Alla ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo
per una società più giusta ed equa!

Diagnostica - I fondamentali

Le grandi patologie: LA RELIGIONE DEL DIO MERCATO.


Nei meandri del labirinto magmatico della nostra società iper-capitalista e post-moderna abbiamo individuato le prime due grandi patologie del sistema sociale ed economico che caratterizzano i paesi sviluppati occidentali e tutti quelli che vi si ispirano:
  • la diseguaglianza reddituale-patrimoniale crescente e devastante;
  • la precarietà che si alimenta con la flessibilità e che si trasforma o è potenzialmente e prospetticamente in grado di tradursi in povertà ed in miseria.
Queste due grandi patologie non nascono per caso, non piovono da Marte e non dipendono dai cicli lunari, bensì originano da un complesso di fattori e cause riconducibili al comportamento dell'Homo sapiens-sapiens.
Oggi possiamo dire di vivere il tempo che K. Marx aveva prefigurato:
"Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, coscienza, ecc. – tutto divenne commercio. È il tempo della corruzione generale, della venalità universale, o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale e fisica, divenuta valore venale, viene portata al mercato per essere apprezzata al suo giusto valore".
(K. Marx, "Miseria della filosofia")
E' venuto il tempo che ha trasformato l'Homo sapiens-sapiens in Homo Oeconomicus con la sua idea di efficienza e di libertà trasformata in un dogma, o meglio in una vera e propria religione con i suoi comandamenti, icone sacre, santi e demoni: è la religione del liberismo e del tempo del dio mercato.


Forse ancora oggi i sacerdoti di questa religione si ispirano alle famose parole di Adam Smith:
Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro egoismo, e parliamo dei loro vantaggi e mai delle nostre necessità”
Dirigendo una particolare industria in modo da produrre il maggior valore possibile, l'individuo persegue solo il proprio guadagno, ed egli è, in questo come in molti altri casi, guidato da una mano invisibile a promuovere una finalità che non è parte delle sue intenzioni (...).
Ricercando il proprio interesse egli promuove frequentemente quello dell'intera società, più efficacemente di quanto accadrebbe se nell'agire si proponesse di seguire l'interesse generale. 1 ,
o forse a quelle di Friedrich von Hayek:
Non c'è niente nei principi fondamentali del liberalismo che lo configuri come un credo stazionario; non ci sono regole rigide stabilite una volta per tutte. Il principio fondamentale, secondo cui nel gestire i nostri affari dobbiamo fare uso il più possibile delle forze spontanee della società e ricorrere il meno possibile alla coercizione, è suscettibile di un'infinita varietà di applicazioni.“
o, ancora, a Milton Friedman:
Gli affari hanno una e sola responsabilità sociale, quella di utilizzare le proprie risorse e svolgere attività destinate ad aumentare i profitti.”
Non so proprio a chi si siano ispirati i nuovi sacerdoti e sherpa, ma una cosa è certa: aveva proprio ragione Hayek a dire che il credo del liberalismo non era un sistema stazionario, che non c'erano regole rigide, infatti tutto cambia e tutto si trasforma - con un tocco qui e là di “distruzione creatrice” - in nome del profitto ed in onore del Mercato.
Ma forse né Hayek né il suo grande oppositore Keynes avrebbero mai immaginato quanto sarebbe stata profonda la trasformazione del capitalismo dalla fine della II^ guerra mondiale ai gionri nostri e non solo perchè all'epoca dei due economisti la popolazione mondiale era di 3 miliardi contro i 7 milairdi di oggi.
La profonda trasformazione è stata ben rappresentata nell'opera di David Harvey “La crisi della modernità – Riflessioni sulle origini del presente” (1990).
L'autore descrive come il sistema capitalistico sia passato, da un'accumulazione di tipo fordista-keynesiana (del periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale sino agli anni '70) ad un'accumulazione flessibile del capitale.
Egli scrive:
<<(…) nel periodo compreso fra il 1965 e il 1973 divenne sempre più evidente l'incapacità del sistema fordista e keynesiano di tenere sotto controllo le intrinseche contraddizione del capitalismo.
Apparentemente queste difficoltà potevano essere ben definite con una parola sola: rigidità. Vi erano problemi di rigidità negli immobilizzi a lungo termine e negli investimenti su larga scala nei sistemi di produzione in serie, il che impediva un'adeguata flessibilità dei progetti e presumeva una crescita stabile in mercati di consumo immutabili. Vi erano problemi di rigidità nei mercati del lavoro, nell'allocazione della forza lavoro (…).
E ogni tentativo di superare queste rigidità si scontrava con la forza apparentemente irremovibile delle organizzazoni della classe operaia. (…) L'unico strumento di risposta flessibile stava nella politica monetaria, nella capacità di stampare moneta a qualsiasi velocità sembrasse necessaria per garantire la stabilità dell'economia. (…)
L'accumulazione flessibile, come proverò a chiamarla, è caratterizzata da un confronto diretto con la rigidità del fordismo. Poggia su una certa flessibilità nei confronti dei processi produttivi, dei mercati del lavoro, dei prodotti e dei modelli di consumo. E' caratterizzata dall'emergere di settori di produzione completamente nuovi, nuovi modi di fornire servii finanziari, nuovi mercati e, soprattutto, tassi molto più elevati di innovazione commerciale, tecnologica e organizzativa (…).Essa ha pure determinato una nuova fase di quella che chiamerò “compressione spazio-temporale” nel mondo capitalistico.
(…) Ma il crollo delle barriere spaziali non significa che stia diminuendo l'importanza dello spazio. Non è la prima volta nella storia del capitalismo che si trovano indicazioni a sostegno della tesi opposta. L'accrescituta concorrenza in condizioni di crisi ha costretto i capitalisti a prestare un'attenzone molto maggiore alla scelta del luogo, proprio perchè il ridimensionamento delle barriere spaziali conferisce ai capitalisti il potere di sfruttare a loro vantaggio anche esigue differenziazioni spaziali (...)la fuga di capitali, la deindustrializzazione di alcune regioni e l'industrializzazione di altre e la distruzione delle tradizionali comunità operaie che erano i punti di forza nella lotta di classe diventano i motivi principali della trasformazione spaziale in condizioni più flessibili di accumulazione.>>2
La sintesi del passaggio dal fordismo alla postmodernità e accumulazione flessibile è presentata nella tabella tratta dall'opera citata di Harvey (ho evidenziato le tendenze della posmodernità che ritengo più attinenti).
Tabella: “Modernità fordista e postmodernità flessibile, ovvero la compenetrazione di tendenze opposte nella società capitalistica”
Modernità fordista
Postmodernità flessibile
Economie di scala
Codice principale
Gerarchia
Omogeneità
Divisione minuta del lavoro
Economie di scopo
Idioletto
Anarchia
Diversità
Divisione sociale del lavoro
Paranoia
Alienazione
Sintomo
Edilizia popolare
Capitale Monopolistico
Schizofrenia
Decentramento
Desiderio
Senzatetto
Imprenditorialità
Scopo
Progetto
Controllo
Determinazione
Capitale di produzione
Universalismo
Gioco
Caso
Esaurimento
Indeterminatezza
Capitale fittizio
Localizzazione
Potere dello stato
Sindacati
Welfare state
Metropoli
Potere finanziario
Individualismo
Neo-conservatorismo
Controurbanizzazione
Etica
Merce denaro
Dio padre
Materialità
Estetica
Moneta di conto
Spirito Santo
Immaterialità
Produzione
Originalità
Autorità
Colletti blu
Avanguardismo
Politica dei gruppi di interesse
Semantica

Riproduzione
Pastiche
Eclettismo
Colletti bianchi
Commercialismo
Politica Carismatica
Retorica
Centralizzazione
Totalizzazione
Sintesi
Contrattazione collettiva
Decentramento
Decostruzione
Antitesi
Contratti locali
Gestione operativa
Codice principale fallico
Compiti univoci
Origine
Gestione strategica
Idioletto androgino
Compiti multipli
Traccia
Metateoria
Narrazione
Profondità
Produzione in serie
Politica di classe
Razionalità tecnico-scientifica
Giochi linguistici
Immagine
Superficie
Produzione in piccole quantità
Movimenti
Diversità pluralistica
Utopia
Arte che redime
Concentrazione
Lavoro specializzato
Consumo collettivo
Eterotopie
Spettacolo
Dispersione
Lavoratore flessibile
Capitale simbolico
Funzione
Rappresentazione
Significato
Industria
Etica del lavoro protestante
Riproduzione meccanica
Finzione
Autoreferenza
Significante
Servizi
Contratto a termine
Riproduzione elettronica
Divenire
Epistemologia
Regolamentazione
Rinnovo urbano
Spazio relativo
Essere
Ontologia
Deregulation
Rivitalizzazione urbana
Luogo
Interventismo statale
Industrializzazione
Internazionalismo
Permanenza
Tempo
Liberismo
Deindustrializzazione
Geopolitica
Fuggevolezza
Spazio


Nell'opera appena citata ci sono gran parte delle radici del cambiamento che hanno alimentato l'attuale estensione al “villaggio globale” della cura neoliberista.
La “mano invisibile del mercato” ha consentito ad alcuni di poter beneficiare della forte accelerazione delle innovazioni tecnico-scientifiche - che hanno fortemente compresso lo spazio-tempo - e della conseguente flessibilità divenuta funzionale alle nuove forme di accumulazione su scala planetaria.
La religione del mercato continua a trionfare, nonostante le reiterate crisi, nel villaggio globale e in tutti i contesti anche per effetto dell'implosione del comunismo, della marginalizzazione del socialismo, della liberal – democrazia e della perdita di forza delle istituzioni statali che, con le loro funzione di redistribuzione e di sicurezza, avevano garantito un certo equilibrio.
E' emblematico che sia proprio un amministratore delegato di una delle più grandi società mondiali ad affermare:
<<Capitalism has served us enormously well. Yet while it has helped to reduce global poverty and expand access to health care and education, it has come at an enormous cost: unsustainable levels of public and private debt, excessive consumerism, and, frankly, too many people who are left behind. Any system that prevents large numbers of people from fully participating or excludes them altogether will ultimately be rejected. And that’s what you see happening. People are asking, “What are we doing here? The amount of resources we currently use is 1.5 times the world’s resource capacity. Is that sustainable? A billion people still go to bed hungry. Is that sustainable? The richest 85 people have the same wealth as the bottom 3.5 billion. Is that sustainable?” Digitization and the Internet have given consumers enormous abilities to connect and aggregate their voices. Power is dispersed, but wealth is concentrated. Further development and population growth will put a lot more pressure on our planet.3
In queste poche righe ci sono molte delle contraddizioni del sistema - “costruito sulle capacità del mercato di autoregolarsi” - che ha fallito quello che doveva essere uno dei suoi più importanti obiettivi: l'obiettivo della sostenibilità del suo processo di accumulazione e di trasformazione.
In altri termini, con il dogma della crescita perpetua, il capitalismo ha superato il limite, o meglio i limiti: geografici, politici, culturali, fisici o ecologici, economici e morali (“etica trasformata in estetica”).
Posso concludere queste brevi note con le parole di Serge Latouche:
<<Il fatto che la società uscita dai Lumi, emancipata da ogni trascendenza e da ogni tradizione abbia veramente rinunciato alla sua autonomia e si sia abbandonata alla regolazione eteronoma di meccanismi automatici (ndr. la religione del dio mercato) per sottomettersi alle leggi del mercato e a quelle del sistema tecnico, è giunto a costituire un pericolo mortale per la sopravvivenza dell'umanità.>>4
Antonello B.








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1La ricchezza delle nazioni – A. Smith.
2La crisi della modernità – Riflessioni sull'origine del presente -Il Saggiatore (1993)
3Unilever chief executive Paul Polman explains why capitalism must evolve, his company’s efforts to change, and how business leaders are critical to solving intractable problems – 16/5/2014 McKinsey.

4La Megamacchina – Ragione tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso. Serge Latouche – Bollati Boringhieri (ristampa 2008).

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