La speranza

La speranza

domenica 12 giugno 2016

Il catechismo criminale ovvero "the Rape Catechism"

Verso modelli post-capitalistici

Alla ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo
per una società più giusta ed equa!
Contro la miseria e la schiavitù del modello imperante!

CATECHISMO CRIMINALE ovvero “the RAPE CATECHISM”

Perché siamo entrati in un’epoca entropica della violenza, del crimine?

Perché il “va sempre peggio” sta diventando la condizione di regresso postmoderno?

Perché si è spezzata la linea del “progresso continuo” e la direzione del mondo sembra non avere futuro se non in forme apocalittiche?

A questi interrogativi hanno già risposto in molti: filosofi, sociologi, politici, economisti e scienziati di ogni genere.

Molti hanno denunciato già in tempi non sospetti l’insostenibilità delle condizioni e delle leggi su cui si fonda tutto il sistema capitalistico, pubblico o privato, di accumulazione, produzione e di sfruttamento generalizzato delle risorse del pianeta.

La denuncia marxista si riferiva ad un tempo in cui lo sfruttamento era su scala molto più limitata rispetto a quella attuale che vede i nuovi giganti transnazionali muoversi in largo ed in lungo sulla scala globale dell’ipersfruttamento.

Si sa che lo sfruttamento genera prima o poi violenza, la violenza genera ingiustizie. Oggi la proliferazione di ingiustizie non riesce però a trovare quello sfogo e forze necessarie per correggere la rotta, per ripristinare o generare condizioni di vita sostenibili ed eque.

 Occupy Wall Street e le Primavere Arabe si sono trasformate in un inverno di revanche religiose medioevali e in nuove forme dittatoriali di controllo in nome della sicurezza e dell’emergenza terroristica o di altra natura.

Non siamo alle soglie di una nuova rivoluzione francese anche se la numerosità e gravità delle ingiustizie potrebbero giustificarne migliaia di rivoluzioni francesi.

Siamo ormai entrati a pieno titolo nell’era del caos o, come sostengo io, nell’era dello stupro sistemico su scala globale.

La globalizzazione, a cui le élite affidavano il nuovo ciclo e la nuova fase di espansione e benessere, è stata “topo-down”, è stata prodotta dall’alto e imposta all’insegna del dogmatismo neoliberista e della religione del profitto, del mercato e del “tutto e subito”.

I dogmi della religione neoliberista stanno producendo perniciosi e mefistofelici effetti in ogni angolo del pianeta.

Il “pensiero unico”, ovvero il catechismo neoliberista, può essere considerato una delle più potenti forze di trasformazione geopolitica, economica, ecologica di questi ultimi 50 anni.

Il paradigma circolare dell’Occidente e della violenza, il capitalismo dei disastri infatti non nasce dal nulla, non si esprime attraverso qualche formula marziana o di qualche altro pianeta del sistema solare, si genera e si riproduce infatti, secondo le modalità metamorfiche che hanno consentito alle religioni di attraversare i secoli della storia dell’Occidente e dell’Oriente, del nord e del sud con la preghiera rivolta a qualche dio e a qualche profeta mentre il braccio, con in pugno l’arma, sempre pronto a sacrificare qualche nemico in nome di qualche salvezza dogmatica.

E il T.I.N.A – acronimo del “There in No Alternative” (trad. “non ci sono alternative”) e il “Too Big to Fail” (troppo grande per fallire) conferma che la condizione economica, politica e sociale  (di quel poco di società che ancora rimane) è completamente blindata, chiusa in un labirinto senza uscite e che siamo di fronte ad una vera e propria religione, a veri e propri dogmi e catechismi che originano capitalismo transnazionale  nella sua forma geneticamente modificata dai paradigmi del neoliberismo postmoderno.

Il catechismo neoliberista appare e ci viene propinato come l’unico sistema che ci possa garantire il benessere, il progresso secondo l’accezione che ne danno i suoi sacerdoti (in primis molti economisti di varie provenienze). I suoi dogmi si esprimono in mille modi: in forma di raccomandazioni, di piani di investimento, di ristrutturazione del debito, di aiuti a quel paese o a quel continente in nome della democrazia e dello sviluppo, di accordi commerciali bi e multilaterali, di trattati, di scelte di investimento, si sistemi di remunerazione dei capi (siano essi ceo o azionisti di riferimento), di scelte tecnologiche e scientifiche che vanno dal nucleare al drone.

E così siamo giunti ad una nuova forma di Oligarchia Finanziario-Capitalistica su scala globale che vede il dominio crescente dell’1% sul restante 99% della popolazione mondiale.

Ecco in sintesi cosa dice l’Oxfam nell’ultimo rapporto “un’economia al servizio dell’1%”:

<<AN ECONOMY FOR THE 1%. How privilege and power in the economy drive extreme inequality and how this can be stopped. The global inequality crisis is reaching new extremes. The richest 1% now have more wealth than the rest of the world combined. Power and privilege is being used to skew the economic system to increase the gap between the richest and the rest. A global network of tax havens further enables the richest individuals to hide $7.6 trillion. The fight against poverty will not be won until the inequality crisis is tackled..>>

Questo 1% rappresenta   press’a poco quello che costituiva la classe nobiliare al tempo della rivoluzione francese. E’ evidente, però, che in questi due secoli le cose sono cambiate profondamente. Infatti le dimensioni quantitative della popolazione (7 miliardi oggi e 12 miliardi tra un po’ se continuiamo a questi ritmi) aggiunte a quelle della forza tecnologica e scientifica, concentrata nelle mani delle nuove élite, sono in grado di modificare l’assetto dell’intero sistema mondo e non più semplicemente le condizioni di vita del popolo parigino: sono forse in grado di decretare il suicidio dell’era antropologica.

Il catechismo neoliberista, come lo chiamo io, corrisponde a quello che viene definito il PENSIERO UNICO.

Ignacio Ramonet, nel suo illuminante saggio del 1997 (tempi non sospetti per noi piccoli mortali) dal titolo Géopolitique du Caos (la geopolitica del caos), chiariva molto bene quali fossero i principi del pensiero unico[1]:

I) l’economia batte la politica;

II) il mercato come fattore di equilibrio/riequilibro e di disciplina del mondo e della società, in particolare il mercato finanziario i cui “segnali orientano e determinano il movimento generale dell’economia”;

III) la concorrenza e la competitività che “stimolano e rendono dinamiche le imprese portandole a una permanente e benefica modernizzazione;

IV) il libero scambio senza limiti, “fattore di sviluppo ininterrotto del commercio e quindi della società”;

V) la mondializzazione, “tanto della produzione manifatturiera quanto dei flussi finanziari;

VI) la divisione internazionale del lavoro che “modera le rivendicazioni sindacali e abbassa i costi salariali”;

VII) la moneta forte, “fattore di stabilità”;

VIII) la deregolamentazione;

IX) la privatizzazione;

X) la liberalizzazione.

Ramonet sempre in quel saggio di 20 anni fa denunciava:

 << La ripetizione costante di questo catechismo, da parte di tutti i mezzi di comunicazione e di quasi tutti gli uomini politici, sia di destra che di sinistra, conferisce al pensiero unico una tale forza di intimidazione da soffocare ogni tentativo di riflessione libera e rendere molto difficile la resistenza contro questo nuovo oscurantismo. (…)  Si potrebbe quasi arrivare a considerare che i 20 milioni di disoccupati europei, il disastro urbano, la precarietà generale, le periferie infuocate, il saccheggio ecologico, il ritorno del razzismo e la marea degli esclusi siano dei semplici miraggi, delle allucinazioni colpevoli, fortemente stonati in questo mondo che è il migliore, edificato dal pensiero unico per le nostre coscienza anestetizzate.>>

Sempre Ramonet aggiunge: <<I disoccupati, i senzatetto, i precari, gli esclusi sono l’espressione drammatica dei sacrifici reclamati, senza contropartita, dalla società europea negli ultimi due decenni. Sono la traduzione ne sociale di scelte puramente ideologiche, fondate sul rigore nel bilancio, sulla moneta forte, sulla riduzione del deficit pubblico, sulle delocalizzazioni, sulla competitività, sulla produttività, ecc. (…) Milioni di cittadini si trovano di fronte allo scandalo delle società prospere che, in nome dell’economismo, accettano l’esistenza di sacche di miseria ogni giorno più impotenti. >>

E ancora nella postfazione al saggio: << La dinamica dominante, in questo fine secolo, è la mondializzazione dell’economia. Essa si fonda sull'ideologia del “pensiero unico”, il quale ha decretato che un’unica politica economica è ormai possibile e che solo i criteri del mercato e del neoliberismo (competitività, produttività, libero scambio, redditività, ecc.) permettono ad una società di sopravvivere in un mondo che è diventato una giungla concorrenziale. (…) La mercificazione generalizzata di parole e cose, di anime e corpi, della natura e della cultura, che è la principale caratteristica della nostra epoca, mette la violenza al centro del nuovo dispositivo ideologico.>>

Dal 1997 ad oggi le cose sono andate peggiorando progressivamente; chissà cosa scriverebbe oggi Ramonet alla luce degli eventi geopolitici che hanno segnato questi ultimi vent'anni e che sono di una gravità assoluta.

Oggi gli effetti dei dogmi del catechismo neoliberista sparsi in ogni angolo del labirinto mondo sono chiari. Oggi ci è chiaro come questi dogmi siano stati veri e propri principi ispiratori del crimine e dello stupro; principi mascherati o nascosti sotto il martellamento delle enunciazioni del P.I.L.ismo e del crescismo.

Ma qualcuno sta pensando che l’egemonia Neolib sia alla fine, che quest’epoca possa essere sostituita da un qualcosa di profondamente diverso, forse alternativo. 

Vedremo!

Per il momento questo è quello che passa il Convento.

12/06/2016

Antonello B.









[1] La geopolitica del Caos – Verso una civiltà del caos? – Ignacio Ramonet – Asterios (Trtieste 2016)