Verso
modelli post-capitalistici
Alla
ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo
per una società
più giusta ed equa!
Diagnostica
- I fondamentali: Le grandi patologie.
La grande metamorfosi
della democrazia:
Europa
dei popoli versus Europa dei mercati.
Flash
ed istantanee dal labirinto post-moderno …
Il
“trend to trust” nelle istituzioni europee ha raggiunto il
punto di minimo storico (dal 50% al 30% ca. in un decennio). E' un
trend di sfiducia che si combina e alimenta con il
trend antidemocratico dell'architettura e governance
europea.
Fonte:
“Standard Eurobarometer 80 – Autumn 2013 – European Commission”
Fonte:
“Gli italiani, il nord est e l'Europa - Indagine Demos & Pi per
la Repubblica – rapporto ottobre 2013”.
But
“Pay attention! These trends could be very dangerous”
-o-
La
fiducia si è trasformata in sfiducia e la zoppia1
si è trasformata in grave handicap!
<<UE:
CIAMPI, NO A ZOPPIA FRA POLITICA MONETARIA ED ECONOMICA
''ACCELERARE
TEMPI PER GOVERNO COORDINATO ECONOMIA PAESI UE''
Pistoia,
16 set. 2002 (Adnkronos) - La politica finanziaria europea,
nonostante l'introduzione della moneta unica, resta zoppa. A
sottolinearlo é il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
che, da Pistoia avverte: ''nel momento stesso in cui si é creato
l'euro, si é infatti creata una zoppia tra politica monetaria e
politica economica: essendo attribuita la prima alla Banca Centrale
Europea e affidata ancora la seconda in notevole misura ai governi
nazionali. Questa zoppia, che denunciammo gia' molto tempo addietro -
lamenta Ciampi - viene corretta con troppo lentezza''. Il capo dello
Stato chiede di ''accelerare i tempi di attuazione di un governo
coordinato dell'economia dei Paesi dell'Europa, finalizzato
congiuntamente alla stabilita' e alla crescita''.>> (Fonte:
Adncronos – 16 settembre 2002)
Perchè
adottare una moneta unica senza possedere le necessarie condizioni
strutturali per poterla governare?
Perchè adottare una moneta unica
senza un vero e proprio stato e federazione di stati?
Perchè
procedere nella consapevolezza che la zoppia non ci avrebbe fatto
correre ma anzi ci avrebbe fatto inciampare con cadute rovinose? La
risposta sta nel metodo Monnet.
A
questo proposito conviene rileggere quanto ben sintetizzato in un
articolo del 2006 della Rivista italiana di geopolitica Limes:
<<Il
disegno europeo consentì di neutralizzare il furore autolesionista
che dalla fine dell'età bismarckiana aveva fatto regredire il
continente da arrogante dominus di un pianeta già in via di prima
globalizzazione ad accartocciato comprimario di due superpotenze.
Alle èlite che lo pensarono e lo propugnarono va dato atto non solo
di lungimiranza nel definirlo, ma anche dell'immaginazione con cui lo
perseguirono senza mai poterlo poggiare sull'entusiasmo dei popoli.
E'
il merito storico di due generazioni di funzionalisti, da Monnet
a Delors, che rimpiazzarono il sogno democratico federalista con un
inedito gradualismo prosaico e tecnocratico.
(…)
La moneta comune segna l'approdo concettuale e l'esaurimento
politico di questo tipo di approccio. Essa era la sublimazione
dell'ottica funzionalista, perchè postulava la creazione di un
organo tecnico di garanzia e di gestione, la BCE, chiamato ad operare
in totale autonomia rispetto alla politica. Ma la valenza unificante
della moneta unica stava anche nelle conseguenze che ne sarebbero
dovute scaturire. La messa in comune della moneta, assortita
dall'imposizione di rigidi vincoli alla spesa pubblica attraverso il
Patto di stabilità e di crescita, avrebbe dovuto fatalmente indurre,
più o meno a breve, un'armonizzazione delle politiche economiche,
non più gestibili dai singoli paesi.2
E'
proprio nel quarto periodo di programmazione pluriennale della Ue,
quello 2007 – 2013, che il metodo funzionalista o
incrementalista dei piccoli passi ha mostrato definitivamente la
corda.
Senza
una vera unione politica, l'Ue, sottoposta alle forti pressioni e
condizionamenti del modello liberistico anglossassone, si è trovata
con una struttura istituzionale e legislativa completamente
inadeguata, prima per fronteggiare la globalizzazione e poi per non
affondare con la crisi finanziaria ed economica stistemica.
Il
processo di integrazione europeo doveva funzionare come un treno,
con la sua locomotiva di testa (la Germania) e i vari vagoni e tutto
avrebbe dovuto scorrere bene, da una tappa all'altra, da una stazione
all'altra fino alla meta finale che doveva essere un'integrazione
politica ed economica completa.
Ma il treno sembra aver perso le istruzioni di viaggio, la tabella di marcia è caotica e scombinata, la meta non si conosce e le stazioni intermedie segnano grosse battute d'arresto e forzate ripartenze.
Le
battute d'arresto
sono ad esempio rappresentate dal fallimento del
referendum sulla Costituzione Europea
a seguito della bocciatura da parte del popolo francese ed olandese
(<<Referendum
sulla Ue: «Ha vinto il no»I
cittadini francesi hanno bocciato la nuova Costituzione europea.
Attese ripercussioni in altri Stati. Maroni: si voti anche in Italia
– Corriere della Sera del 1 giugno 2006>>.
Mentre
le forzate ripartenze -
che
sono dovute alla reazione alla prima
grande crisi sistemica
(dal '29), in corso dal 2007/2008 - prendono la forma del nuovo
Trattato sulla Stabilità e Crescita, sul Fiscal Compact ed in
generale di politiche di austerity.
Le
forzate ripartenze vengono poste in essere dalla tecnocrazia per
soddisfare i mercati e per dirla con le parole di Habermas:
<<“(...)
Al fine di soddisfare <<i mercati>>, i governi
concentreranno le necessarie competenze sul piano europeo; nello
stesso tempo, però, di fronte ai loro elettorati, stanno cercando di
mettere la sordina al vero significato di questo passo integrativo,
in quanto neppure nei paesi forti del nucleo europeo possono più
contare su una passiva disponibilità all'obbedienza. Secondo questo
scenario, noi stiamo percorendo la via postdemocratica di un
<<federalismo degli esecutivi>> che si adatta
passivamente al mercato, cioè agli imperativi imposti dal sistema
finanziario.”
(…)
la strategia neoliberale dà sempre la precedenza alla soddisfazione
degli interessi di valorizzazione del capitale rispetto alle
rivendicazioni di giustizia sociale, e può ormai soltanto
<<rinviare>> le crisi, pagando il prezzo di crescenti
proteste sociali.
(…)
Da questo circolo vizioso i singoli governi non possono uscire
semplicemente aumentando il prelievo fiscale, perchè così
spaventerebbero gli investitori e metterebbero a rischio i versamenti
di tasse che ancora tengono in vita il sistema finanziario (come in
Inghilterra) o l'economia reale generante valore (come in quasi tutti
gli altri paesi europei)”>>3
Corriamo,
sull'onda della crisi, a impostare i vari “meccanismi”4
per costruire l'architettura europea che dovrebbe essere in grado di
reggere agli urti e scossoni dei mercati e garantire un equilibrio
sostenibile della UEM, ma sono molti i difetti in questa “corsa”,
dopo la lost decade, o forse è più preciso parlare di un
ventennio perso, in cui si è assistito allo “smarrimento dei
fini” o ancora meglio alla sostituzione dei fini con i mezzi
funzionali a garantire la fiducia dei mercati globali
iperfinaziarizzati.
Crisi
finanziaria, crisi delle banche, crisi del debito sovrano, crisi
dell'euro hanno costituito il combustibile per un ulteriore
allontanamento dal modello sociale e solidaristico europeo che
esisteva almeno nelle intenzioni o era scritto sulla carta.
La
reazione è stata quella dei bail-out, dei bail-in
delle politiche di austerità secondo i dettami della Ue2: <<
La Ue2, che governa l'Europa di fatto, è composta dal cancelliere
tedesco e dal presidente francese (al momento Angela Merkel e
Francois Hollande), da uno o due leader nazionali e dai vertici della
Banca centrale europea (BCE) e dal Fondo Monetario Internazionale
(FMI).>>5
E
così oggi siamo qui a chiederci:
- l'Europa ha perso l'anima? Qual è la sua anima e il suo scopo?
- la crisi europea è solo una questione monetaria?
- esiste o può esistere una democrazia europea?
- esiste un'Europa dei popoli o solo un'Europa della competizione e del libero scambio?
- qual è il futuro dell'Europa? Unione di stati o Mercato Unico?
Sono
queste alcune delle domande che restano oggi ancora senza risposte
adeguate e coerenti.
L'Europa
andava bene fino a quando era una “comunità di guadagno”. Si sa
che quando le cose vanno bene, allora tutti se ne approfittano (cfr.
la diminuzione dei tassi di interesse sui finanziamenti in euro
rispetto a quelli applicati sulle valute nazionali precedenti, si
contraggono debiti su debiti, si fanno spese pazze), mentre quando le
cose “cambiano di segno” allora i difetti strutturali, i vizi e
le debolezze diventano grosse palle al piede, veri e propri macigni
in grado di mandare tutto a gambe all'aria e di difetti e debolezze
l'architettura europea era ed è tuttora infarcita.
Ormai
è pleonastico ribadire che non possiamo più considerare l'Europa
come un'entità distante dalle nostre case e dal nostro modo di
vivere quotidiano: volenti o nolenti dal destino dell'Europa dipende
il nostro futuro e non facciamoci ingannare dalle esternazioni di
qualche populista o buffone di turno e da chi crede che si possa
ritornare ai nazionalismi del passato, asserragliandoci all'interno
delle frontiere nazionali.
Abbiamo
forse dimenticato la storia del novecento?
Oggi,
però, l'Europa è affetta da patologie molto gravi, appare più come
una gabbia o un labirinto governato da tecnocrati che ci inondano di
nuovi termini, parametrizzazioni economico-finanziario-contabili e
raccomandazioni che, nonostante l'ermetismo della terminologia e
degli acronimi utilizzati, sanno di vera e propria condanna per i
paesi P.I.I.G.S. (i paesi principalmente del Sud) e di esercizio di
forza e superiorità per i paesi “virtuosi” (principalmente i
paesi del Nord).
E
poi ti spiegano che, a causa del fatto che siamo stati irresponsabili
nella gestione del debito pubblico (nel caso italiano non ci sono
dubbi sulle gravi responsabilità degli sperperi prodotti dai governi
e dalle istituzioni pubbliche e private degli ultimi 30 - 40 anni),
dobbiamo rinunciare alle pensioni, alla sanità pubblica e che
bisogna tagliare tutto per consentire al bilancio pubblico di
chiudere con un avanzo primario per soddisfare i creditori.
Che
cosa resta del disegno dei padri fondatori? Solo pragmatismo ed
egoismi nazionali?
Forse
i padri fondatori non avrebbero mai immaginato che ca. 70 dopo la
fine della “guerra civile europea (1914-1945)
il “The Economist” rappresentasse nel suo ultimo numero
l'Europa e la sua leadership così6:
E'
La grande metamorfosi dell'Europa: da treno a barchetta?
31
agosto 2014
Antonello
B.
(continua)
1Fonte: POLITICA E LESSICO La «zoppìa» europea:
Nel vocabolario è entrata nel ' 63. Nel lessico politico quando Ciampi era Governatore di Bankitalia e poi ministro del Tesoro. La parola zoppìa - che ieri il capo dello Stato ha utilizzato per sottolineare la scarsa armonia tra politica monetaria e politica economica in Europa - in ambito veterinario significa «infermità, condizione di un animale zoppo». In altre parole, una patologia dell' apparato locomotore. Proprio come quello, attuale, nell' area euro: poca coordinazione tra Banca centrale europea e governi nazionali. (17 settembre 2002) - Corriere della Sera.
2“L'euronucleo
possibile – di Norma Polluce – Fascicolo monografico di Limes
1/2006 “L'Europa è un bluff”.
3Fonte:
“Nella spirale tecnocratica – un'arringa per la solidarietà
europea – Ed. Laterza - 2014
4“Meccanismo
europea di stabilità”, “Meccanismo unico di vigilanza”,
“Meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie”, ecc...
5“Potente
e turbolenta – Quale futuro per l'Europa?” - Anthony Giddens –
Il Saggiatore 2014
6
The
euro zone That
sinking feeling (again) If
Germany, France and Italy cannot find a way to refloat Europe’s
economy, the euro may yet be doomed. The Economist Aug
30th 2014





