Verso modelli post-capitalistici
Alla
ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo per una società
più giusta ed equa
Diagostica - I fondamentali
- La grande frattura della mega-disuguaglianza economica e sociale del modello capitalistico globalizzato:
I fattori primari di disuguaglianza (LE CAUSE).
(...)
“Il pane “sospeso” spopola in Bosnia
Chi
può permetterselo acquista una pagnotta in più per i poveri nei
negozi che hanno aderito”
«RIVOLUZIONE!»,
urlano migliaia di persone in piazza a Sarajevo, e i cannoncini della
polizia sparano ad altezza uomo: lacrimogeni e acqua, sì, ma gli
ospedali sono gonfi di feriti e la Bosnia precipita negli incubi
della sua storia. «Sembra di essere tornati al
1992»,www.dirittiglobali.it
del 8/2/2014
-O-
Rivolta del pane in Tunisia, decine di morti: «La polizia smetta di sparare»
Scontri per carovita, appello del leader dell'opposizione. In Algeria cinque vittime, oltre 800 feriti e mille arresti (Corriere della Sera 8/1/2011)
Stiamo tornando a passo spedito ad
inizio Ottocento?
Negli
ultimi anni, dalle notizie che i media ci sbattono in faccia, e che
si stratificano ed intersecano tra un gossip e l'altro, sembrerebbe
di SI', ma a differenza dell'inizio del XIX^ secolo le bocche da
sfamare oggi sono molte di più!
Queste notizie ci
frastornano e ci confondono: c'è chi, ad esempio, contesta e si
scontra per la liberalizzazione della cannabis e c'è chi sta
combattendo una nuova guerra che è vecchia come la storia dell'uomo:
la Guerra del Pane.
Ma non possiamo lasciarci confondere dalle versioni moderne alla “Maria
Antonietta” («S'ils
n'ont plus de pain, qu'ils mangent de la brioche»),
cioè non possiamo accettare oggi che si dica: “se
non hanno più pane date loro della Marijuana!”
Stiamo vivendo nuovi
scontri, ma le cause profonde sono sempre le stesse anche se in
chiave post-moderna: le risorse sono limitate, la distribuzione delle
stesse è pessima ed il pianeta Terra sta dando segnali
che ormai siamo arrivati al capolinea di un sistema di sfruttamento e
di dominio della natura!
E' proprio la grande
patologia della crescita della disuguaglianza (la
grande frattura o “spread
reale di ricchezza tra
chi ha troppo e chi invece troppo poco) a contribure a
rendere corrosiva (scontri e disperazione) la crisi che stiamo vivendo, che non è
semplicemente finanziaria, ma al tempo stesso economica, politica,
sociale, istituzionale ed ecologica.
Esiste un paradigma che
sembra ormai assiomatico in base al quale: la ricchezza determina il
potere che a sua volta, con meccanismi sofisticati di retroazione di
rafforzamento, favorisce ed enfatizza la concentrazione del denaro
in mano a pochi e ciò determina nuove forme di plutocrazia su
scala globale.
E' un sistema che si
autoalimenta e autorigenera, assumendo forme del tutto nuove.
Ma quali sono i fattori
che determinano e alimentano la disuguaglianza?
Ce ne sono molti, ma
possiamo affermare che nella maggior parte dei casi non sono fattori
naturali, non derivano dall'impegno, dalla capacità e talenti dei
singoli individui, secondo il banale schema meritocratico
individualista, bensì derivano dai meccanismi di forza e di potere
nelle farie forme che assume il capitalismo globalizzato
contemporaneo.
Secondo il Prof. Luciano
Gallino le situazioni che alimentano la disuguaglianza sono
riconducibili in estrema sintesi a due:
“1) i ricchi diventano
più ricchi per virtù propria o altri fattori endogeni, senza
togliere nulla ai poveri;
2) i ricchi diventano più
ricchi perchè tramite vie dirette e indirette sottraggono reddito o
ricchezza ai poveri.”1
Pare che la
redistribuzione del reddito e della ricchezza verso l'alto (il
vertice della scala sociale) sia la causa principale dell'aumento
della disuguaglianza degli ultimi trent'anni nel mondo occidentale e
non solo. E questa redistribuzione è stata possibile perchè le
istituzioni di un tempo (in sintesi istituzioni democratiche) sono
state progressivamente sostituite o fortemente condizionate da altre forme di potere orientate dal dogma o meglio dire, allineandoci a Jeffrey D.
Sachs, dal “sofisma liberista”2
E' da questo sofisma che
sono state generate molte scelte, sia a livello di apparati
pubblici che privati, di chi detiene il vero potere:
- le politiche retributive stagnanti per i salariati, in contrapposizione ai mega-bonus e remunerazioni erogati ai vertici delle mega-corporation;
- le politiche fiscali “alla Reagan” (“demonizzazione delle tasse”) che hanno condizionato le scelte non solo degli Usa ma di tutti gli stati occidentali (es.: elevata tassazione sul lavoro e bassa sul capitale);
- lo sviluppo dell'evasione e dell'elusione fiscale, con la garanzia dell'incolumità nei paradisi fiscali;
- lo smantellamento progressivo del modello sociale europeo di welfare;
- le politiche di bilancio pubbliche, che con l'enormità degli interessi da pagare sul debito pubblico, stanno progressivamente comprimendo la spesa pubblica per i servizi sociali e per le politiche redistributive a favore degli ultimi o dei meno fortunati 3
- la privatizzazione dei servizi pubblici e la statalizzazione delle mega perdite delle istituzioni finanziarie per evitarne il loro fallimento;
- la manipolazione della tecno-scienza che ha consentito alle imprese (in particolare alle multinazionali), attraverso automazione-robot e altri marchingegni, di eliminare dai processi produttivi milioni lavoratori, scaricandoli come merce obsoleta nell'esercito dei disoccupati di massa (spirale: disoccupazione -debito pubblico – tasse – disoccupazione - altro debito e via così);
- la globalizzazione che ha fatto anche la sua parte con le massicce attività di delocalizzazione industriale e produttiva, che sfrutta le divergenze abissali dei salari tra i paesi occidentali e gli altri paesi “in via di sviluppo o emergenti” (“i nuovi arbitraggi del lavoro e fiscali su scala planetaria”4 5) e che genera una convergenza che forse si realizza solo tra i nuovi schiavi ed i nuovi disoccupati e precari dell'”ex mondo ricco ed opulento”, data la vulnerabilità e scivolamento verso livelli crescenti di precarietà di quello che un tempo era definito “il ceto medio” delle società industrializzate;
- la corsa sfrenata alla finanziarizzazione dell'economia non ha fatto altro che enfatizzare le divergenze tra chi ha disponibilità di capitali e chi non ha niente da investire negli Hedge fund, nei derivati “dalle mille leve” ecc.;
- La grande deregulation e lo sviluppo delle “Big Lobbies” che hanno trasformato molti parlamenti nelle casse di risonanza di gruppi di interesse privato.
Da
ultimo, ma non certo per importanza è l' ”Hybris
consumistica, il mito dell'abbondanza materiale ed il paradigma della
dismisura e dell'illimitatezza
e dell'illusione prometeica
dell'Occidente in
contrapposizione al paradigma del limite.”6
E'
la ricerca di andare spasmodicamente oltre il limite che credo abbia
contribuito non poco a creare questa grande patologia rappresentatata
dagli attuali livelli di disuguaglianza.
E' questa ossessione per
l'economicismo che ha portato a creare un enorme divario o
dissociazione tra il fine che continua a darsi il capitalismo
(accumulazione del profitto) ed un fine che possiamo definire
superiore e che è rappresentato dal bene comune dell'umanità nel
rispetto dell'ecosistema del pianeta.
Antonello B.
1Il
colpo di Stato di BANCHE E GOVERNI – L'attacco alla democrazia in
Europa – Einaudi - 2013
2Il
prezzo della civiltà- La crisi del capitalismo e la nuova strada
cerso la prosperità – Jeffrey D. Sachs – Codie Edizioni –
2012.
3Gli
interessi pagati sugli enormi debiti pubblici contribuiscono al
meccanismo pernicioso di alimentazione della
disuguaglianza in quanto preservano il capitale a chi ce l'ha e
tolgono quel poco a chi non riesce ad arrivare neanche a metà mese.
4“Global
labor arbitrage”
is
an economic phenomenon where, as a result of the removal of or
disintegration of barriers
to
international
trade,
jobs move to nations where labor and the cost of doing business
(such as environmental
regulations)
is inexpensive
and/or
impoverished labor moves to nations with higher paying jobs (Fonte:
Wikipedia).
5“
(…) The mobility of capital is linked to tax
competition,
in which sovereign countries lower their tax rates on income earned
by foreigners within their borders in order to attract both
portfolio and direct investment. (Globalization, Tax Competition and
the Fiscal Crisis of the Welfare State – Reuven S. Avi Yonah -
University of Michigan Law School – 2000).
6“Limite
– Serge Latouche – Bollati Boringhieri -2012.


