Verso modelli post-capitalistici
Alla
ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo per una società
più giusta ed equa
Diagostica - I fondamentali
(I)
La separazione tra l'economia reale, l'economia finanziaria e la
società.
In
questi giorni di pioggia abbondante, che fa scivolare il fango in
ognidove, ti sembra che tutto sia umido e liquido: forse anche il
clima è diventato liquido come la “società alla Bauman”.
In
questo tipo di società è ancora possibile trovare il bandolo della
matassa o il filo è talmente aggrovigliato che ormai lo sforzo è
sovrumano?
E'
ancora possibile interpretare i fatti al di là della visione
meramente personalistica, interessata e di contingenza per giungere
ad una diagnosi chiara dello stato dell'arte in cui ci troviamo e del
percorso che possiamo, dobbiamo o siamo condannati a fare?
Possono,
servono ancora sforzi diagnostici per capire cosa fare e cosa
migliorare per passare dalla visualizzazione del pensiero alla
fisicizzazione dell'azione? Credo di sì.
Credo
che sia proprio necessario liberarci dalle gabbie mentali che da
troppo tempo hanno vincolato il nostro presente e hanno reso incerto
il nostro futuro.
Ma
per questa impresa titanica di interpretazione dell'AS-IS sociale,
politico, istituzionale, economico, ed ecologico dobbiamo
necessariamente avvalerci, da un lato delle opere e del lavoro dei
grandi pensatori passati e contemporanei e, dall'altro lato, della
nuova creatività e vera passione che i nuovi strumenti tecnologici
di condivisione della conoscenza che la terza rivoluzione industriale
ci ha messo a disposizione.
Iniziamo
questo percorso diagnostico con il pensiero di uno dei massimi
esponenti della sociologia francese e mondiale: Alain Touraine,
prendendo in considerazioni alcune parti della suo libro: “Dopo
la Crisi – Una
nuova società possibile”
( A. Touraine - Armando Editore -
2012).
<<Il capitalismo finanziario accumula, non produce niente, se non una successione di bolle e la prossimità venefica della ricchezza immensa, del crollo finanziario e della crisi sociale.
(…) Questo rischio di distruzione del mondo dovuto alla ricerca senza limiti del profitto è più che un sintomo di una crisi per la società, e innazitutto per il liberismo che ha distrutto la “società capitalista”, sopprimendo tutti i suoi attori e riducendola a regno del mercato.
La globalizzazione del sistema economico indebolisce soprattutto gli strumenti di intervento che sono stati formati in un quadro nazionale, in particolare la capacità di regolazione e di controllo dei rapporti tra attori economici da parte di uno Stato capace sia di intervento sociale che economico.
Ci sembra di essere giunti alla fine di un lungo processo di deistituzionalizzazione, e anche di indebolimento delle categorie sociali, delle loro gerarchie, dei loro conflitti e dei loro attori.
(…) Quel che è inquietante è il rifiuto opposto da qualcuno alla comprensione in profondità degli sconvolgimenti della nostra società che da oltre un secolo contribuisce alla loro impotenza e soprattutto alla difficoltà sempre più grande che incontrano gli individui e le categorie sociali per costruirsi in attori della propria storia o della trasformazione della propria società.
(…) In tutti i campi le categorie sociali si disgregano, o si frammentano (…) poiché le crisi economiche nascono generalmente da una separazione crescente dell'economia finanziaria, spesso contaminata dalla volontà di arricchimento personale dei dirigenti, e della economia reale che non è definibile al di fuori dei conflitti sociali e degli interventi dello Stato.
Ma questa rottura interna dell'attività economica ha anche un altro significato (…) si osserva un'altra separazione più larga, tra l'insieme delle attività economiche e la vita sociale, culturale e anche politica, accentuata dalla globalizzazione.
Così non solo l'economia finanziaria dall'economia reale, ma la vita economica nel suo insieme si separa dal resto della società, il che minaccia di distruggere le istituzioni dove si costruiscono le norme ed i modi di negoziazione sociale.
(…) Vitale, creatrice, attraversata da tensioni e conflitti, questa società è diventata quasi irreale, tanto è spessa la coltre delle menzogne e dei segreti che ci ha rinchiuso nel mondo dell'immediato.
In questo mondo, l'essere umano è diventato incapace di essere quello che vorrebbe essere e di difendere i suoi diritti fondamentali.
(…) Il miglior modo di approcciare la situazione attuale è, in defiitiva, che essa è caratterizzata dalla completa separazione del mondo economico, sempre più globalizzato, e del mondo sociale, esso stesso in gran parte distrutto da questa separazione, poiché l'organizzazione interna di una società è normalmente legata alla sua azione “esterna”, vale a dire al suo lavoro, alla sua produzione e all'insieme della sua attività economica.
Di fronte alla massa impressionante (e allo stesso tempo minacciosa) dell'economia globalizzata, il mondo delle istituzioni sociali non conosce più né funzione né coerenza interna.
E' un universo di dubbi e di confusione, e non più di norme. L'importanza del momento presente è che questa rottura del mondo economico e del mondo sociale è allo stesso tempo normale e patologica.
Normale, in quanto segna il tratto di una profonda trasformazione delle economie, in cui economia, società e politica erano intimamente connnesse.
Patologica, perchè la crisi infrange gli elementi che si separano e ostacola la creazione di nuove forme di organizzazione sociale.
La crisi non comporta la fine delle trasformazioni della vita economica, ma costituisce un ostacolo difficile da sormontare per tutti gli sforzi della vita sociale, anche quando questi trovano le loro radici al di fuori della vita sociale, al di sopra di questa, come avviene (anche) per l'economia globalizzata.
(…) Oggi si scontrano la logica della ricerca del massmo profitto e quella del rispetto del soggetto e dei suoi diritti. Ognuno di questi due principi si può incarnare in tutti i settori della vita sociale, così come negli interventi pubblici, soprattutto quelli dello Stato, che cercano di capire il vuoto tra i principi opposti e di trasformare le contraddizioni in complementarietà.
Una crisi, per quanto grave essa sia, non determina un dato avvenire, anche se infrange i suoi legami con il passato.
Nel caso attuale, essa può condurre a una disorganizzazione della vita sociale e anche economica facendo insorgere la violenza, lillegalità e in definitiva la decadenza.
Ma la distruzione dei vecchi legami tra l'economia e la società può anche far sorgere, di fronte all'economia globalizzata, movimenti di difesa non più solo d'interessi economici, ma anche di diritti.
(…) Solo una morale della convinzione, rafforzata dalla passione della vita e della libertà può distruggere con il suo slancio tutte le barriere che si oppongono alla creazione di una nuova società.
Indietreggiare davanti a questo compito e accontentarsi di rimettere ordine nella vita economica può solo portare a nuovi fallimenti e nuove crisi.>>
(“Dopo
la Crisi – Una nuova società possibile” - Armando Editore –
Roma 2012)
Grazie
Professor Touraine, avevo bisogno di iniziare questo percorso
utilizzando queste basi per non indietreggiare davanti al “PENSIERO
UNICO” che ti vincola alle “RIFORME” assordanti e strampalate
della propaganda sia di “destra” ,di
“centro” che di “sinistra”,
e che ti impedisce di guardare oltre la siepe e che vuole costruirti
un futuro monocolore (dello smog pro P.I.L.) in un sistema
globalizzato, contrassegnato dalle ineguaglianze che non hanno pari
nella storia dell'umanità che stanno avvelenando il tessuto
biologico e sociale di questo pianeta.
Antonello
B.
Smog pro-pil...non esiste definizione migliore per descrivere l'incapacità di vedere oltre questo nebbioso indicatore! Grazie per questa ottima pagina!
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