La speranza

La speranza

sabato 25 gennaio 2014

Diagostica - I fondamentali

  1. La grande frattura della mega-disuguaglianza economica e sociale del modello capitalitico globalizzato (I° parte)


Le immagini sono eloquenti e si commentano da sole!

La seconda grave patologia (la prima è rappresentata dalla frattura fra l'economia e la società- cfr blog 18/1/2014) dell'attuale modello ipercapitalista è rappresentata dal livello che ha raggiunto la concentrazione della ricchezza e del reddito in mano a poche persone.

Un livello che continua a crescere e che ormai ha creato un baratro enorme tra le classi sociali nei vari paesi del pianeta.

Nell'ultimo rapporto sul rischio globale dell'World Economic forum leggiamo:

Society can also generate its own systemic risks, notably from growing economic inequality and weakening social cohesion within countries, which threaten political stability. Globalization has left some countries behind and has been associated with rising inequality between and within countries. This is augmented by restrictions on migration and a failure of policies at the national and global levels to promote a more inclusive system. Together, these factors render poor people and poor countries vulnerable to systemic risks.1

Ma nel report Oxfam del 20 gennaio 2014 si percepisce quasi un grido di disperazione:

Economic inequality is rapidly increasing in the majority of countries. The wealth of the world is divided in two: almost half going to the richest one percent; the other half to the remaining 99 percent. The World Economic Forum has identified this as a major risk to human progress. Extreme economic inequality and political capture are too often interdependent. Left unchecked, political institutions become undermined and governments overwhelmingly serve the interests of economic elites to the detriment of ordinary people. Extreme inequality is not inevitable, and it can and must be reversed quickly.”2

Quindi la torta della ricchezza nel mondo si ripartisce così:
il 50% va all'1% della popolazione, mentre il restante 50% va all'altro 99% della popolazione.

E' questo il modello di economia globalizzata che desideravamo?

La teoria del trickle down (il famoso “sgocciolamento verso il basso”) è stata una grande farsa, o no?

(continua)

 Antonello B.

1Global risk 2014 report – World Economic Forum
2Working for the few- Political capture and economic inequality – Oxfam briefing paper (20/1/2014)

sabato 18 gennaio 2014

Verso modelli post-capitalistici


Alla ricerca di modelli alternativi all'ipercapitalismo per una società più giusta ed equa

Diagostica - I fondamentali


(I) La separazione tra l'economia reale, l'economia finanziaria e la società.

In questi giorni di pioggia abbondante, che fa scivolare il fango in ognidove, ti sembra che tutto sia umido e liquido: forse anche il clima è diventato liquido come la “società alla Bauman”.

In questo tipo di società è ancora possibile trovare il bandolo della matassa o il filo è talmente aggrovigliato che ormai lo sforzo è sovrumano?

E' ancora possibile interpretare i fatti al di là della visione meramente personalistica, interessata e di contingenza per giungere ad una diagnosi chiara dello stato dell'arte in cui ci troviamo e del percorso che possiamo, dobbiamo o siamo condannati a fare?

Possono, servono ancora sforzi diagnostici per capire cosa fare e cosa migliorare per passare dalla visualizzazione del pensiero alla fisicizzazione dell'azione? Credo di sì.

Credo che sia proprio necessario liberarci dalle gabbie mentali che da troppo tempo hanno vincolato il nostro presente e hanno reso incerto il nostro futuro.

Ma per questa impresa titanica di interpretazione dell'AS-IS sociale, politico, istituzionale, economico, ed ecologico dobbiamo necessariamente avvalerci, da un lato delle opere e del lavoro dei grandi pensatori passati e contemporanei e, dall'altro lato, della nuova creatività e vera passione che i nuovi strumenti tecnologici di condivisione della conoscenza che la terza rivoluzione industriale ci ha messo a disposizione.

Iniziamo questo percorso diagnostico con il pensiero di uno dei massimi esponenti della sociologia francese e mondiale: Alain Touraine, prendendo in considerazioni alcune parti della suo libro: “Dopo la Crisi – Una nuova società possibile( A. Touraine - Armando Editore - 2012).

<<Il capitalismo finanziario accumula, non produce niente, se non una successione di bolle e la prossimità venefica della ricchezza immensa, del crollo finanziario e della crisi sociale.

(…) Questo rischio di distruzione del mondo dovuto alla ricerca senza limiti del profitto è più che un sintomo di una crisi per la società, e innazitutto per il liberismo che ha distrutto la “società capitalista”, sopprimendo tutti i suoi attori e riducendola a regno del mercato.
La globalizzazione del sistema economico indebolisce soprattutto gli strumenti di intervento che sono stati formati in un quadro nazionale, in particolare la capacità di regolazione e di controllo dei rapporti tra attori economici da parte di uno Stato capace sia di intervento sociale che economico.
Ci sembra di essere giunti alla fine di un lungo processo di deistituzionalizzazione, e anche di indebolimento delle categorie sociali, delle loro gerarchie, dei loro conflitti e dei loro attori.
(…) Quel che è inquietante è il rifiuto opposto da qualcuno alla comprensione in profondità degli sconvolgimenti della nostra società che da oltre un secolo contribuisce alla loro impotenza e soprattutto alla difficoltà sempre più grande che incontrano gli individui e le categorie sociali per costruirsi in attori della propria storia o della trasformazione della propria società.
(…) In tutti i campi le categorie sociali si disgregano, o si frammentano (…) poiché le crisi economiche nascono generalmente da una separazione crescente dell'economia finanziaria, spesso contaminata dalla volontà di arricchimento personale dei dirigenti, e della economia reale che non è definibile al di fuori dei conflitti sociali e degli interventi dello Stato.
Ma questa rottura interna dell'attività economica ha anche un altro significato (…) si osserva un'altra separazione più larga, tra l'insieme delle attività economiche e la vita sociale, culturale e anche politica, accentuata dalla globalizzazione.
Così non solo l'economia finanziaria dall'economia reale, ma la vita economica nel suo insieme si separa dal resto della società, il che minaccia di distruggere le istituzioni dove si costruiscono le norme ed i modi di negoziazione sociale.
(…) Vitale, creatrice, attraversata da tensioni e conflitti, questa società è diventata quasi irreale, tanto è spessa la coltre delle menzogne e dei segreti che ci ha rinchiuso nel mondo dell'immediato.
In questo mondo, l'essere umano è diventato incapace di essere quello che vorrebbe essere e di difendere i suoi diritti fondamentali.
(…) Il miglior modo di approcciare la situazione attuale è, in defiitiva, che essa è caratterizzata dalla completa separazione del mondo economico, sempre più globalizzato, e del mondo sociale, esso stesso in gran parte distrutto da questa separazione, poiché l'organizzazione interna di una società è normalmente legata alla sua azione “esterna”, vale a dire al suo lavoro, alla sua produzione e all'insieme della sua attività economica.
Di fronte alla massa impressionante (e allo stesso tempo minacciosa) dell'economia globalizzata, il mondo delle istituzioni sociali non conosce più né funzione né coerenza interna.
E' un universo di dubbi e di confusione, e non più di norme. L'importanza del momento presente è che questa rottura del mondo economico e del mondo sociale è allo stesso tempo normale e patologica.
Normale, in quanto segna il tratto di una profonda trasformazione delle economie, in cui economia, società e politica erano intimamente connnesse.
Patologica, perchè la crisi infrange gli elementi che si separano e ostacola la creazione di nuove forme di organizzazione sociale.
La crisi non comporta la fine delle trasformazioni della vita economica, ma costituisce un ostacolo difficile da sormontare per tutti gli sforzi della vita sociale, anche quando questi trovano le loro radici al di fuori della vita sociale, al di sopra di questa, come avviene (anche) per l'economia globalizzata.
(…) Oggi si scontrano la logica della ricerca del massmo profitto e quella del rispetto del soggetto e dei suoi diritti. Ognuno di questi due principi si può incarnare in tutti i settori della vita sociale, così come negli interventi pubblici, soprattutto quelli dello Stato, che cercano di capire il vuoto tra i principi opposti e di trasformare le contraddizioni in complementarietà.
Una crisi, per quanto grave essa sia, non determina un dato avvenire, anche se infrange i suoi legami con il passato.
Nel caso attuale, essa può condurre a una disorganizzazione della vita sociale e anche economica facendo insorgere la violenza, lillegalità e in definitiva la decadenza.
Ma la distruzione dei vecchi legami tra l'economia e la società può anche far sorgere, di fronte all'economia globalizzata, movimenti di difesa non più solo d'interessi economici, ma anche di diritti.
(…) Solo una morale della convinzione, rafforzata dalla passione della vita e della libertà può distruggere con il suo slancio tutte le barriere che si oppongono alla creazione di una nuova società.
Indietreggiare davanti a questo compito e accontentarsi di rimettere ordine nella vita economica può solo portare a nuovi fallimenti e nuove crisi.>>
(“Dopo la Crisi – Una nuova società possibile” - Armando Editore – Roma 2012)

Grazie Professor Touraine, avevo bisogno di iniziare questo percorso utilizzando queste basi per non indietreggiare davanti al “PENSIERO UNICO” che ti vincola alle “RIFORME” assordanti e strampalate della propaganda sia di “destra” ,di “centro” che di “sinistra”, e che ti impedisce di guardare oltre la siepe e che vuole costruirti un futuro monocolore (dello smog pro P.I.L.) in un sistema globalizzato, contrassegnato dalle ineguaglianze che non hanno pari nella storia dell'umanità che stanno avvelenando il tessuto biologico e sociale di questo pianeta.

Antonello B.